Che fine ha fatto il tram?

Sapete bene che il tram è fermo da 5 anni e che non si sa ancora quando, e se, ripartirà.
Anch’io ho vissuto, a suo tempo, una vicenda difficile: il 3 settembre 2012 il tram deraglia, e rimane quindi fermo per accertamenti, lavori, e un indispensabile cantiere. Riparte nell’estate 2014, due anni dopo.
Per spiegarmi perché oggi la ripartenza del tram si faccia tanto attendere, ho chiesto ad un professionista del settore, che ben conosce le caratteristiche sia del cantiere del 2012 che dei lavori attualmente in corso, se questi ultimi siano molto più complessi e impegnativi di quelli che affrontammo durante quei due anni.
Al contrario – mi sono sentito rispondere – tecnicamente quell’intervento era decisamente più complesso di quello attuale.
Se così stanno le cose, vien da chiedersi perché un in caso siano stati sufficienti due anni e nell’altro caso non ne bastino 5.
Di questo mi piacerebbe parlare con il Sindaco Dipiazza e con il suo Assessore, anche se mi pare preferiscano sorvolare sulla questione.
Azzardo allora, per intanto, delle possibili risposte:
– Forse nel 2012 progetto e gara d’appalto sono stati fatti con più scrupolo
– Forse l’amministrazione si è impegnata più a fondo per la soluzione, esercitando perciò quella volta il necessario stimolo verso i propri uffici, verso Trieste Trasporti, e verso l’impresa appaltante
Non mi viene in mente altro che possa spiegare un simile ritardo.
Sindaco? Ci fa sapere lei che ne sa di più?

A proposito di multiutilities

Qualcuno sostiene il contrario, ma è invece evidente come tra l’amministrazione della città da parte del centrosinistra e del centrodestra ci siano differenze rilevanti. Motiverò questa affermazione cominciando proprio da un argomento molto richiamato di questi tempi, ovvero le scelte in materia di multiutilities, quindi Acegas-Hera e acqua pubblica.

Differenza numero 1

Quando ho assunto la carica le partecipate del Comune, con la proliferazione di consiglieri di stretta appartenenza politica, erano ormai diventate una specie di stipendificio.

Le scelte attuate progressivamente hanno portato a ridurre i posti, privilegiare curricula e soprattutto a un risparmio per il Comune di 523 mila euro all’anno tra indennità e compensi.

Differenza numero 2

Quando vengo eletto Sindaco il Comune detiene circa il 31% di Acegas Aps, che in quel momento ha un indebitamente di poco inferiore al fatturato, al punto che si parla di cedere asset strategici (ad esempio il ramo Gas a Italgas), per ridurre il debito ridimensionando però l’azienda.

È in quel periodo che matura il progetto di fusione con il Gruppo Hera, scelto proprio perché ha una governance controllata da un patto di sindacato tra numerosi comuni, e quindi saldamente in mano pubblica.

Dal momento della fusione, era il 2012, nei primi tre anni i risultati sono questi:

  • il valore delle quote azionarie del Comune di Trieste porta un incremento nel patrimonio del Comune di più di 100 milioni di euro;
  • il dividendo annuale raddoppia;
  • il Comune di Trieste esprime il Presidente di Acegas, e attraverso il patto di sindacato dei comuni è presente nel consiglio di amministrazione e nel comitato esecutivo di Hera, ambedue saldamente in mano pubblica;
  • Acegas migliora la propria posizione bancaria e quindi riprende a investire sul miglioramento delle reti infrastrutturali, in particolare di gas e acqua.

Qui si potrebbe obiettare che ai cittadini poco interessano valore delle azioni e dividendo annuale, la realtà però è che un comune patrimonialmente solido è un comune più capace di erogare servizi ai cittadini, e che le entrate da dividendi servono a finanziare a spesa corrente, dove le voci principali sono quelle delle politiche sociali e dell’educazione.

Differenza numero 3

Non è vero che centrosinistra e centrodestra si comportano allo stesso modo vendendo azioni libere di Hera. Durante la mia amministrazione vendiamo tre milioni di euro di azioni su 71 milioni totali, quindi poco più del 4%. La giunta Dipiazza dei 68 milioni restanti ne vende 13, quindi quasi il 20%.

Qualcuno dirà “il principio è lo stesso”, ma la realtà è che il contesto e le finalità sono molto diverse. Nel nostro caso, vigendo la versione più restrittiva del patto di stabilità, le entrate da alienazioni di patrimonio sono state indispensabili per poter effettuare il piano di lavori pubblici caratterizzato non da progetti faraonici, ma in particolare da interventi necessari, ad esempio per la sicurezza degli edifici scolastici: senza vendere non si sarebbero creati i cosiddetti “spazi di patto” per poter procedere ai lavori pubblici. Nel caso della giunta Dipiazza, che si trova libera da quei vincoli, la scelta è quella di vendere in modo più consistente per finanziare più opere, forse non tutte indispensabili.

Differenza numero 4

Veniamo infine al tema dell’acqua pubblica. È evidente che il referendum del 2011 ha ribadito la volontà dei cittadini di vedere l’acqua disciplinata come un bene pubblico, per quanto il quesito in sé giuridicamente si limitasse ad abrogare una norma che consentiva la remunerazione del capitale investito da parte delle società che gestiscono il servizio idrico.

Per alcuni l’acqua è pubblica solo nel momento in cui è gestita da una società cosiddetta “in house”, ovvero di esclusiva proprietà di un comune. Per altri lo è nella misura in cui il servizio idrico è regolato da due Authorities pubbliche, una nazionale e una regionale, che danno le direttive per l’operatività dei diversi gestori. Nel nostro caso è bene ricordare comunque che la gestione fa capo ad Acegas e perciò al Gruppo Hera, che continua ad essere controllato attraverso il patto di sindacato, dai numerosi Comuni che ne sono soci.

Aggiungo però che non ho dimostrato alcuna indifferenza per l’esito del referendum tanto che, d’intesa con rappresentanti dei comitati dell’acqua e con consiglieri della mia maggioranza, da Sindaco avevo commissionato uno studio per valutare la reinternalizzazione dell’acqua a Trieste, attraverso appunto il passaggio a una società in house. I risultati dello studio indicarono che per fare una simile operazione il Comune avrebbe dovuto rimborsare, indebitandosi con una cifra molto elevata, gli investimenti che il gestore uscente aveva sostenuto sulle reti, in quanto non li avrebbe recuperati dalla tariffa, e che in ogni caso questo non avrebbe determinato beneficio per i cittadini dal punto di vista del costo dell’acqua. Sarebbe stata insomma un’operazione politicamente simbolica, ma che sarebbe costata molto al bilancio e non avrebbe migliorato nulla per gli utenti. Da fare comunque? Rispetto chi lo dice ma rivendico il diritto a pensare che se per farla comunque dovevo indebitare il Comune senza dare benefici ai cittadini non fosse una strada da percorrere.

Su quanto ho scritto non proprio sinteticamente ci sono ovviamente elementi di dettaglio e documenti. Vero è che quando si amministra, in base a norme e a compatibilità amministrative ed economiche, ci si trova talvolta a dover scegliere la miglior soluzione possibile e non la miglior soluzione in assoluto, perché magari è irrealizzabile. Si stava meglio quando c’era la vecchia Acegat? Potremmo discuterne ma certo quando divento Sindaco la società è da molti anni quotata in Borsa e dalla sua situazione si deve partire.

La conclusione sulla differenza tra centrosinistra e centrodestra su questo tema mi pare abbastanza evidente, se sarà necessario approfondire ulteriormente ribadisco che sono a disposizione. Magari in una prossima puntata vedremo altre differenze che ci sono state, ad esempio sul tema dell’accoglienza, sulle scelte in materia di educazione, di diritti delle persone e su tanti altri temi.

Ho accompagnato questo post con un’immagine del nuovo depuratore. Forse non è superfluo ricordare che assieme all’Assessore Umberto Laureni e all’Assessore regionale Sara Vito, siamo andati a disseppellire una pratica abbandonata, a recuperare 30 milioni di finanziamento del Ministero dell’Ambiente, facendo così  partire il cantiere di un’opera importantissima, che il mio fortunato successore ha potuto inaugurare. 😉

10 anni fa sono diventato Sindaco

Esattamente oggi, 10 anni fa, sono stato eletto Sindaco di Trieste. Ormai lo sapete, non sono uomo da discorsi commoventi, ma in questa ricorrenza una cosa la voglio dire: porterò per sempre con me l’immenso orgoglio di avervi rappresentato.
Non so se vi siete mai soffermati a pensarci su, sull’importanza di dar voce a qualcun altro intendo. Si tratti dei vostri figli, dei vostri amici, dei vostri genitori, dei vostri colleghi, sarà senz’altro capitato ad ognuno di voi. Non è un privilegio?
Rappresentare la nostra comunità, ricchissima di sfaccettature, lavorare per il suo benessere, è stato questo il mio impegno, e ho cercato di farlo nel modo più serio possibile.
Credo che non sia un caso che io scelga proprio l’aggettivo “serio” per descrivere i miei anni da Sindaco: sono stati anni di lavoro, inevitabilmente di scartoffie, di una grande intensità che non ti molla mai. Molto lavoro fatto in ufficio, con i collaboratori, forse troppo.
Del resto fin dall’inizio ho pensato che fosse indispensabile progettare il domani di Trieste, più che limitarsi al presente. Anche se elettoralmente sarebbe stato più redditizio. Mi spiego: il mio modo di prendermi cura di ciò che amo, di Trieste in questo caso, prevede di partire dalle fondamenta, di assestare e rafforzare base solide su cui poi pensare di costruire. Se dovessi ad esempio prendermi cura di una pianta (e speriamo di no, non ho il pollice verde), comincerei domandandomi se il vaso è sufficientemente grande, se è ben esposta, se la terra è buona. Poi, solo più avanti, penserei al concime o ai fiori. Ecco il perché del piano regolatore, della sdemanializzazione, della svolta nel Porto, dell’investimento in relazioni con un’area internazionale.
Avrei dovuto comunicare di più, condividere e raccontare allo sfinimento lo scopo di tutto quel lavorare? In effetti me lo avete detto spesso, e avete ragione.
Certo non è facile spiegare concetti come quello di un patto di stabilità, che impediva i lavori pubblici nonostante avessimo i soldi in tasca e progetti pronti nei cassetti, aggiungete poi che non è un mistero il fatto che io non sia propriamente un chiacchierone.
Ma non sono certo qui a elencare ciò che è stato fatto o che avrei voluto fare, sono qui solamente a dirvi che è stata una grande emozione durata 5 anni, e a ricordarvi che oggi sono passati 10 anni, giusto per farci sentire tutti un pò più vecchi.

Oggi essere basagliani è un demerito?

“Essere basagliani non deve essere un titolo di merito nei concorsi” sostiene l’Assessore Riccardi, confermando ancora una volta l’atteggiamento spigoloso del nostro governo regionale rispetto all’esperienza della psichiatria a Trieste e in Regione.
Tentativi di accorpamento, ridimensionamento delle micro aree, commenti taglienti da parte dell’Assessore, hanno infatti preoccupato 5 ex direttori dei servizi di salute mentale che gli hanno scritto una lettera.
La giunta può pensarla come vuole, ma è un dato di fatto che l’esperienza partita da Trieste con Franco Basaglia è diventata un modello innovativo riconosciuto ed emulato a livello internazionale.
Aggiungo che nei tempi che verranno la salute mentale richiederà nuove risorse e servizi, e non di certo ridimensionamenti, per far fronte alle evidenti conseguenze della pandemia e della crisi economica e sociale che ne è derivata.
Trieste ha vissuto una grande esperienza di innovazione a partire dalla riforma Basaglia e certo non potrebbe accettare il ritorno di sistemi a “porte chiuse” o comunque la riduzione dei servizi di salute mentale che da decenni supportano utenti e famiglie.

Acciuffare lo SPID

Non è sempre facile acciuffare lo SPID!

Chi di voi ha già attivato lo Spid converrà che non è la cosa più banale del mondo. Talora tutto tutto fila liscio, ma in molti casi qualcosa va storto. Elemento indispensabile è comunque una minima conoscenza tecnologica.

Siamo d’accordo che la strada per la digitalizzazione dei servizi è quella corretta, ma gli anziani privi del supporto di figli, nipoti, assistenti vari, come fanno? Lo sapete che se vanno in posta per prenotare l’appuntamento per attivare lo Spid gli viene detto la prenotazione deve essere fatta online?

Inoltre lo Spid è indispensabile per avere accesso a numerosi servizi della Pubblica amministrazione come il portale INPS, l’Agenza delle Entrate, Sesamo, il buono taxi per soggetti fragili, etc. Quindi a mio avviso deve essere propria la Pubblica Amministrazione a preoccuparsi di renderli accessibili.

Secondo una stima dei Sindacati Unitari dei pensionati, solo 4 milioni di pensionati su 16 sono riusciti ad accedere allo Spid.
Sono quindi il promotore e il primo firmatario di una mozione in Consiglio Regionale per far sì che si individuino e sostengano nuove forme di supporto, magari a mezzo di appositi sportelli, per assistere i cittadini pensionati nella procedura di attivazione.

TRIESTE CALLING

Trieste è per definizione la città delle contraddizioni e dei paradossi, dove ad esempio eccellenze  radicate da tempo, penso al sistema dell’alta formazione e della ricerca, al tessuto multiculturale, o più recenti, il rilancio della portualità e la svolta di porto vecchio, non sembrano incidere su una prospettiva demografica che ci vede da decenni in declino.

Siamo ormai sotto i 200mila (72.000 in meno rispetto a 50 anni fa) , e sempre più vecchi. E se non bastassero le attuali opportunità a invertire questa tendenza? Se fosse necessario un colpo d’ala, qualcosa di più?

Viene in mente la storia di questa città, quando la crescita del porto attorno al punto franco e la condizione di piattaforma logistica ante litteram di una parte d’Europa determinarono una grande chiamata, una  call spontanea , per usare un’espressione moderna e globale, verso una moltitudine di giovani: greci, serbi, armeni, austriaci, ungheresi, italiani e altri ancora, spinti a venire qui a realizzare  progetti di vita, a costruire le proprie fortune, a scrivere  una storia collettiva di imprenditorialità e innovazione, che ha lasciato segni indelebili nella crescita della Trieste moderna e  nel patrimonio religioso, artistico, culturale, architettonico che rendono questa città unica. È una storia che ci parla anche di futuro, un futuro che a qui sembra aver tanto bisogno di…. Next Generation.

Come dicevo il contesto esiste, ma va rafforzato con azioni coordinate che abbiano come filo conduttore il voler attrarre e trattenere giovani. Un insieme di attrattori specifici quindi, che creino un’immagine da promuovere di “Trieste Calling, invita i giovani a realizzare i loro progetti”.

Qualche seme in questo senso lo avevamo piantato negli anni alla guida della città: penso al progetto che avevamo avviato perché il contenitore di Corso Cavour (oggi  Urban Center) fosse destinato ad ospitare e facilitare progetti di impresa e di professione avviati da giovani, o all’idea di trasformare le residenze già studentesche di Cittavecchia in opportunità abitative autonome per giovani coppie, all’aumento di asili nido, o ancora al tentativo dell’Hackathon, fatto  per coinvolgere le intelligenze e le capacità giovanili nella progettazione di servizi urbani avanzati.

Oggi Istituzioni, comunità scientifica, imprese potrebbero condividere questa priorità e promuovere una “Trieste Calling young people”, destinando a queste scelte di indirizzo  risorse adeguate. Cito ad esempio:

  • caratterizzare l’offerta di alta formazione universitaria e post, anche con un sistema di incentivi, verso i giovani del centro est Europa affinché questa sia la città di riferimento culturale del mondo a est di Trieste
  • offrire contenitori e servizi a condizioni agevolate a progetti d’impresa, di lavoro, di cultura in modo da favorirne insediamento, nascita e sviluppo
  • creare un’offerta integrata di soluzioni abitative, a partire dal tanto patrimonio immobiliare libero, e con loro asili, verde, servizi, e una mentalità children friendly
  • promuovere le diverse opportunità formative e di lavoro collegate a tutta l’economia del mare
  • attirare a Trieste, ad esempio in Porto Vecchio, un centro di formazione di un grande player dell’economia digitale e dei settori ad alta innovazione
  • sostenere ed allargare lo scouting di idee per start up che viene portato avanti da soggetti come la Biovalley Investments

Abbiamo esempi, nel rispetto delle proporzioni: penso alla trasformazione di Berlino grazie ad una grande forza attrattiva verso i giovani. O penso alle aree a maggior densità di innovazione in giro per il mondo, da Israele alla Silicon Valley, contraddistinte  dalla multiculturalità come fattore che apporta freschezza, stimoli ed opportunità.

Qui vorrebbe dire riproporre una vocazione che in passato ha determinato la nostra fortuna, ma anche favorire una biodiversità di stili di vita, dove fantasia, voglia di vivere e nuove idee disegnino la nuova Trieste.

Forse è un sogno, ma vorrei che questa città si unisse nella sfida di lanciare una vera e propria call, per far sì che nei prossimi 10 anni 5000 giovani, compresi i triestini che se ne sono andati, potessero sceglierla per il proprio futuro e, insieme, per il nostro.

Tanti possono concorrere ma è fondamentale una leadership politica che guidi e diriga in una logica d’insieme i diversi apporti in questa direzione. E che orienti in questo senso gli investimenti. Dobbiamo decidere se sarà questa la mission della politica oppure se siamo destinati a continuare a coltivare una comfort zone, tra rimpianti e decadenza, rimanendo, come ci ricorda una splendida canzone di Otis Redding, “sittin’ on the dock of the bay, wastin’ time” (seduto sul pontile della baia, sprecando il mio tempo).

Vaccini in Fvg: serve rigore nel trattare servizi essenziali

Finalmente la campagna di vaccinazioni ha preso la direzione giusta: è ora il turno delle persone vulnerabili, e contemporaneamente delle persone sane, ovviamente a partire dalle più anziane.

Proprio per questo, ho chiesto alla Regione un po’ di rigore nel trattare i cosiddetti servizi essenziali verso i quali finora si è andati piuttosto di “manica larga” creando comprensibile perplessità fra tanti cittadini.

Si potrebbero fare tanti esempi: dall’allargamento a dismisura nella categoria sanità, ai poliziotti in pensione a Pordenone fino al via libera poi revocato agli avvocati. Chiariamo bene una volta per tutto il concetto di essenziale?

Tutti attendiamo, tutti abbiamo diritto, tanti hanno buoni motivi per avere fretta e proprio per questo disciplina nelle priorità e trasparenza sono fondamentali.

A seguire il testo integrale della mia interrogazione:

Oggetto: Piano regionale di vaccinazione Covid 19.

Tenuto conto delle recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi sull’aggiornamento del Piano nazionale di vaccinazioni anti Covid 19 e della sua applicazione a livello regionale;

Ricordati i passaggi relativi alle diversità di azione finora seguite da parte delle diverse regioni nelle dichiarazioni sopra richiamate;

Considerata l’enorme aspettativa dei cittadini per accedere alla possibilità della vaccinazione;

Vista la priorità in questa fase, attuata in questi giorni anche dalla nostra Regione, rivolta alle persone vulnerabili per la presenza di patologie significative e progressivamente alle persone dai 79 anni a scendere

Rilevato che, un po’ dappertutto, e anche nella nostra regione la vaccinazione nell’ambito dei cosiddetti servizi essenziali è stata fin qui estesa ad ambiti molto ampi, al di là dell’obiettivo condivisibile di proteggere personale impiegato in questi servizi in condizioni di potenziale rischio

Appreso da notizie di stampa locale che negli ultimi giorni si sono verificati disguidi per la prenotazione di vaccinazioni da parte di avvocati ritenuti inizialmente facenti parte della categoria “tribunali” e poi esclusi da tale inquadramento dopo che diverse persone avevano già prenotato l’appuntamento;

Visto che, sempre da notizie di stampa, si è appreso che sarebbero state ammesse a vaccinazione persone in quiescenza impiegate in precedenza nelle forze dell’ordine ma di età inferiore agli 80 anni, presso le sedi organizzate dall’ASFO di Pordenone;

Considerata la necessità del rispetto rigoroso delle priorità sopra richiamate, anche nell’ambito della somministrazione del vaccino Astra Zeneca consentita per le persone sane dai 79 anni in giù;

interroga l’Assessore competente per sapere se la nostra Regione intenda da subito, in coerenza con le priorità dettate dal Piano nazionale di vaccinazione anticovid, emanare direttive chiare e vincolanti che limitino alle figure e alle professionalità strettamente necessarie il prosieguo della vaccinazione nell’ambito dei cosiddetti servizi essenziali, ponendo fine a quella che si è configurata finora nei diversi campi come un’estensione di tale possibilità ben oltre le motivazioni che l’hanno ispirata, comportando così di fatto in diversi casi una situazione di “ salta la fila “ eticamente censurabile, incoerente con le priorità della campagna e contrastante con l’obiettivo primo ovvero di mettere in sicurezza prima la parte di popolazione più esposta nell’ambito della pandemia al rischio di ricovero e a quello di decesso.

Trieste, 29 marzo 2021

Rimuovere Tuiach dal Consiglio Comunale: la mia mozione

La scorsa settimana, dopo l’ennesima incommentabile uscita di Fabio Tuiach, ho depositato un’interrogazione al Presidente Fedriga: gli ho chiesto se avesse intenzione di rimuoverlo dal ruolo di Consigliere Comunale di Trieste.
Ad oggi nessuna risposta; d’altronde meccanismi come quello delle interrogazioni consentono di procrastinare.
Ho quindi trasformato l’interrogazione in mozione, cosa che ha permesso di iscriverla nell’elenco dei lavori del Consiglio Regionale.
Questo significa che giovedì prossimo illustrerò la mozione in aula, ci sarà poi la discussione aperta a tutti i consiglieri regionali, e infine il voto.
Verificheremo se è unanime la condanna delle esternazione omofobiche e razziste di Tuiach e la solidarietà nei confronti delle persone che sono oggetto della sua vergognosa campagna.
Questo il testo integrale della mozione:
Oggetto: Sulla possibilità di rimuovere il Consigliere comunale di Trieste Fabio Tuiach dal suo ufficio ai sensi della LR 23/1997.

Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,

Premesso che in data 16/02/2021 è avvenuto in località Rupingrande un grave episodio di violenza a danno di alcune persone, denunciato da una delle vittime con un post sul social network Facebook corredato da alcune fotografie con i visibili effetti delle violenze subite, e poi ripreso dai mezzi di informazione;

Preso atto che un Consigliere del Comune di Trieste, Fabio Tuiach, ha successivamente postato sul proprio profilo del social network VK un commento chiaramente discriminatorio ed omofobico;

Considerato che il commento di Tuiach induce implicitamente alla violenza verso altre persone e compie atto contrario alla Costituzione italiana, che all’art. 3 prevede espressamente che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, con ciò rientrando nella fattispecie individuata dall’art. 142 comma 1 del Dlgs 267/2000 (Testo Unico Enti Locali) ), ex art. 40 della L. 142/1990, per la rimozione e sospensione di amministratori locali (“… i componenti dei consigli … possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico”) e dall’art. 23 della LR 23/1997;

Atteso che Tuiach non è nuovo a prese di posizione pubbliche di questo genere, caratterizzate da ricorrente omofobia, da disprezzo verso ogni genere di diversità e da intento apologetico del nazismo, ultima delle quali la pubblicazione sul medesimo social network di una fotografia di Hitler in occasione della Giornata della Memoria;

 

Tutto ciò premesso, impegna il Presidente della Regione a:

– valutare l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del comma 2 dell’art. 23 della LR 23/1997 nei confronti del sig. Fabio Tuiach quale Consigliere comunale di Trieste;

– a esprimere solidarietà alle persone colpite in questa come in altre occasioni da inaccettabili comportamenti omofobici.

Decadenza o futuro: per Trieste il momento di decidere è adesso

Quando ero Sindaco ebbi l’occasione di presentare il Porto di Trieste a Vienna o a Monaco, circostanza fortunata quest’ultima anche per l’incontro con D’Agostino, ma non di essere invitato a farlo in qualche area industriale di altre regioni italiane.
Ricordo questo particolare per offrire uno spunto a quella riflessione, stimolata e ospitata da Il Piccolo, che ha visto proporre visioni e idee per Trieste sottolineando le diverse vocazioni, talvolta anche contrapponendole.
Lo spunto è che qui ogni idea, ogni vocazione, sia logistica, sia turistica, sia nel campo dell’industria innovativa, deve essere declinata con una forte proiezione internazionale.
C’è in questo un filo che lega il grande passato con le prospettive rivolte al futuro: anche oggi Trieste dipende per le dinamiche dello sviluppo da un contesto europeo e globale più che da quello italiano.
Guardiamo ai mercati di riferimento del nostro porto, all’origine e alla destinazione dei suoi corridoi logistici, oppure guardiamo alla provenienza di molti investimenti immobiliari, alla presenza di flussi turistici sempre più internazionali.
Oppure pensiamo ancora all’attenzione verso Trieste di molti paesi dell’area dei Balcani e ricordiamo che Trieste ha ottenuto Esof 2020 grazie all’intuizione di Stefano Fantoni di coinvolgere nella candidatura le comunità scientifiche dell’Europa centro orientale.
La constatazione può apparire ovvia dato che è la geografia che ci rende importanti in una dimensione europea almeno quanto ci colloca periferia all’estremo nordest del Paese. Ma diventa meno ovvia la risposta alla domanda se Trieste, a partire dalle sue Istituzioni, lavori per accrescere le ricadute di questa dote naturale e per cogliere tutte le potenzialità di questa vocazione. Personalmente non credo che oggi ciò accada: poco fa il Governo del Fvg, ben lontano da quell’idea di Regione Europea che caratterizzò gli anni di Illy.
Poco o nulla fa il Comune, lasciando così al solo Zeno D’Agostino la missione di fare “diplomazia” internazionale di Trieste.Per questo una guida della città che ambisca a darle una svolta nel senso di una piena valorizzazione dei suoi asset di competitività dovrebbe colmare questo vuoto. Come farlo?Ad esempio dovrà lavorare per stringere relazioni con città e capitali europee: ricordo alcuni anni fa i rapporti avviati con Vienna, Lubiana, Zagabria, Sarajevo, Graz. Produssero collaborazioni in campo culturale, nel caso di Vienna facilitarono anche relazioni per il porto e soprattutto alle città coinvolte pareva logico e naturale avere rapporti con Trieste.
In secondo luogo, deve porsi come punto di riferimento di un’area transfrontaliera che dalla fascia carsica si estende all’Istria slovena e croata, condividendo progetti e magari anche servizi. Trieste può essere la città di riferimento di quest’area e l’idea di unire le comunità di quest’area in un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale andava in questa direzione.
E ancora: “accompagnare” come città, e quindi con le istituzioni culturali e scientifiche, l’intensa azione in ambito internazionale del Porto, con l’obiettivo di costruire corridoi per le idee, le esperienze, i progetti comuni, le persone che si aggiungano a quelli delle merci.
In questo ambito un importante investimento andrebbe fatto per caratterizzare di più il nostro sistema di alta formazione verso l’attrazione dei giovani della nuova Europa: qui le future classi dirigenti di quei Paesi potrebbero trovare risposte di alta qualità a distanza sostenibile da casa, in una città caratterizzata dalla storia e dalla presenza multiculturale e quindi più vivibile da molti punti di vista: formazione in lingua inglese, servizi adeguati, un’intensa attività di promozione in quelle aree del nostro sistema universitario e della ricerca.
A costruire questa proiezione complessiva della città certo può dare un grande contributo il patrimonio di relazioni ed esperienze dell’Iniziativa Centroeuropea (Ince), che mi pare ancora insufficientemente conosciuto e utilizzato.Per concludere con un “caso” attuale: tutti sono d’accordo nel considerare Porto Vecchio la grande carta per il futuro di Trieste, poi magari meno d’accordo su come procedere. Si confrontano l’idea di un’indispensabile visione generale e la pratica dello spezzatino, c’è il rischio poi che i trasferimenti in Porto Vecchio di realtà già collocate in città non siano il complemento parziale quanto piuttosto la caratteristica prevalente degli interventi in quell’area. Così si rischia di perdere il potenziale di valore aggiunto, di nuove attività, di posti di lavoro ma del resto questa sarebbe la logica conseguenza di un’operazione tutta interna a una città di 200.000 abitanti in calo demografico. Mettiamo allora il centro del compasso in Porto Vecchio e tracciamo un raggio di qualche centinaio di chilometri: quello è il bacino di alcuni milioni di persone cui riferirsi in modo che il Porto Vecchio, e Trieste in generale, sia la porta sul mare di un pezzo d’Europa.
Così non si creano i “buchi neri” per riempire quei 60 ettari, così si raggiunge la massa critica per investimenti, ricerca, attività produttive, offerta turistica, servizi per il tempo libero.
Bisogna volerlo, e farlo, sconfiggendo l’attrazione perversa e sottile di una decadenza comoda e rassicurante per tanti che qui vivono, spesso coccolata con successo da una politica più attenta al consenso immediato che a costruire una prospettiva. Dipende da tutti noi, e il momento di decidere è questo.

Massima trasparenza sui vaccini

Governare la Regione in questo momento non è compito facile, così come non è facile eseguire il piano vaccinale per combattere l’emergenza, me ne rendo conto.

La migliore arma in situazioni complesse come questa credo sia la trasparenza. Ho chiesto quindi al Presidente Fedriga e all’Assessore Riccardi con un’interrogazione il massimo della chiarezza: che direttive hanno ricevuto le strutture impegnate nella vaccinazione? Quali sono le priorità da seguire? Come viene controllato il rispetto delle priorità?

Questa non è solamente una pretesa di chiarezza, ma è anche un consiglio.
Stanno già circolando notizie false e incontrollate sulla somministrazione dei vaccini. In alcune situazioni, per fortuna in altre regioni, sono stati accertati usi impropri del vaccino e sono scattate indagini. Preveniamo tutto questo. In un momento così difficile è importante non generare sfiducia e disorientamento verso chi governa e garantire ai cittadini equità e rispetto delle regole.

A seguire il testo integrale dell’interrogazione:

Ricordato che appare indispensabile garantire la tempestiva esecuzione del piano vaccinale anti covid in Regione;

Atteso inoltre che tale risultato richiede la disponibilità dei vaccini, ma anche l’organizzazione di una rete capace di attestarsi su una media giornaliera di almeno 3000 vaccinazioni;

Ritenuto che è determinante però anche seguire con rigore i criteri di priorità determinati con riferimento alla categorie di cittadini più esposti al rischio e alle conseguenze di un possibile contagio;

Evidenziato a tale proposito che la credibilità della campagna vaccinale si basa anche sulla totale trasparenza della sua gestione e sull’evidenza del rigore nel mantenimento delle indicazioni di priorità;

Constatato che nei giorni scorsi sono apparse notizie di stampa relative a qualche violazione delle priorità indicate in altre regioni e a conseguenti indagini degli organi inquirenti;

Rilevato inoltre che anche sui social sono apparse notizie di presunte irregolarità, certo incontrollate ma pur tuttavia in grado di lasciare dubbi e sfiducia nella popolazione

Ritenuto perciò che sia indispensabile garantire ed evidenziare il pieno rispetto delle regole e delle priorità come condizione fondamentale per il rapporto di fiducia fra cittadini ed istituzioni tanto più in un momento così drammatico;

TUTTO CIO’ PREMESSO

il sottoscritto Consigliere regionale interroga il Presidente della Regione e l’Assessore competente per sapere urgentemente quali direttive siano state impartite in tal senso alle strutture impegnate nella vaccinazione, se siano previste verifiche e quali iniziative si intendano assumere per rassicurare i cittadini ed evitare così l’impatto negativo di notizie incontrollate, magari false che circolino nei canali paralleli dell’informazione e che potrebbero creare disorientamento e sfiducia verso chi governa questo momento così difficile.

Roberto Cosolini

Porto Vecchio: tanti traslochi, poco lavoro

Siete tutti molto sollevati?
Ora non tornerò sulla mancanza di una visione generale, termine che sembra tanto infastidire il Sindaco. Vi invito però a considerare due punti di vista su cui sto riflettendo.
Ci sono ben due minimi comuni denominatori in molti dei progetti di cui si discute.
1)Si tratta di trasferimenti di realtà già esistenti da altri siti. Parliamo del trasloco del Museo del Mare, dell’Immaginario Scientifico, del Museo della Civiltà Istriana, degli uffici della Regione.
2) Nessuno di questi progetti risponde alla necessità di creare in Porto Vecchio occasioni per posti di lavoro, in particolare per giovani, qualificati, magari in settori innovativi.
Provo a spiegarvi perché trovo questi progetti piuttosto deboli e per certi versi piuttosto preoccupanti.
Cominciamo con i trasferimenti: Porto Vecchio è grande, che deve diventare parte integrante della città ormai lo sanno anche i muri. Qualche trasferimento ci può anche stare, ma rendiamoci conto che si parla solo di questo! Spostando queste realtà creeremo altri buchi neri in centro. C’è un’idea chiara sul destino degli immobili che vengono svuotati? Tutti alberghi e residence sull’onda del momento magico caro al nostro Sindaco?
Cosa succederà degli uffici regionali di via san Francesco, di via Carducci, (tra l’altro recentemente ristrutturata), di riva Nazario Sauro? E in via Torino? Un intero immobile destinato a ricerche sulla civiltà istriana? Non mi sembra realistico. E allora le ipotesi di trasferimento devono da subito essere accompagnate da progetti chiari e sostenibili sul riutilizzo delle vecchie sedi.
Non mi soffermo poi sul punto debole dell’operazione regionale, ovvero 26 milioni che non vengono erogati in via definitiva al Comune di Trieste, ma sono un prestito che realisticamente si compenserà con la cessione dei due magazzini. Perché a Trieste un prestito e invece a Udine, Pordenone, Gorizia e Monfalcone contributi a fondo perduto?
Arriviamo ora alla questione dell’impatto occupazionale. Nessuna di queste iniziative sembra destinata a creare nuovo lavoro stabile. È chiaro a tutti che Porto Vecchio è la carta del mazzo che dovrebbe essere capace di invertire il preoccupante declino demografico a Trieste. È necessario attrarre realtà nuove che creino nuovi posti di lavoro.
E allora, tanto per fare una proposta concreta prima di sentirci dire che parliamo sempre di visioni strategiche astratte: si metta l’indicatore dei nuovi posti di lavoro come indicatore che ispiri tutte le prossime attività da accogliere nella trasformazione dell’area.
Se cominciamo da questi due criteri, ovvero non generare buchi neri e creare nuovi posti di lavoro, mettiamo già qualche punto fermo sulla strada da percorrere, che non è fatta solo di rotatorie o di viali monumentali.

Trasporto su rotaia

Bella, sostenibile e intelligente. Parlo dell’idea, di cui sono promotrici alcune Associazioni, di investire su un progetto di trasporto urbano su rotaia invece che sulla strombazzata ovovia.
Dei punti deboli di quest’ultima mi sono già occupato e non ci ritorno, né entro nei dettagli della proposta delle Associazioni.
Lasciatemi dire che il trasporto su rotaia significherebbe:
– utilizzare anche infrastrutture esistenti
– valorizzare lo stesso tram di Opicina rendendolo parte di un sistema
– realizzare un sistema pienamente operativo 365 giorni all’anno ed effettivamente fruibile da turisti e da cittadini
Ricordo del resto che quando sperimentammo il collegamento su rotaia in Porto Vecchio, l’idea – poi cassata e derisa dalla successiva Amministrazione – era quella di collegare Barcola e il park Bovedo, con il Borgo Teresiano e quindi con il cuore della città, pensando anche ad una possibile congiunzione con il tram di Opicina per connettere la Riviera di Barcola con il Carso, passando per il centro.