A proposito di multiutilities

Qualcuno sostiene il contrario, ma è invece evidente come tra l’amministrazione della città da parte del centrosinistra e del centrodestra ci siano differenze rilevanti. Motiverò questa affermazione cominciando proprio da un argomento molto richiamato di questi tempi, ovvero le scelte in materia di multiutilities, quindi Acegas-Hera e acqua pubblica.

Differenza numero 1

Quando ho assunto la carica le partecipate del Comune, con la proliferazione di consiglieri di stretta appartenenza politica, erano ormai diventate una specie di stipendificio.

Le scelte attuate progressivamente hanno portato a ridurre i posti, privilegiare curricula e soprattutto a un risparmio per il Comune di 523 mila euro all’anno tra indennità e compensi.

Differenza numero 2

Quando vengo eletto Sindaco il Comune detiene circa il 31% di Acegas Aps, che in quel momento ha un indebitamente di poco inferiore al fatturato, al punto che si parla di cedere asset strategici (ad esempio il ramo Gas a Italgas), per ridurre il debito ridimensionando però l’azienda.

È in quel periodo che matura il progetto di fusione con il Gruppo Hera, scelto proprio perché ha una governance controllata da un patto di sindacato tra numerosi comuni, e quindi saldamente in mano pubblica.

Dal momento della fusione, era il 2012, nei primi tre anni i risultati sono questi:

  • il valore delle quote azionarie del Comune di Trieste porta un incremento nel patrimonio del Comune di più di 100 milioni di euro;
  • il dividendo annuale raddoppia;
  • il Comune di Trieste esprime il Presidente di Acegas, e attraverso il patto di sindacato dei comuni è presente nel consiglio di amministrazione e nel comitato esecutivo di Hera, ambedue saldamente in mano pubblica;
  • Acegas migliora la propria posizione bancaria e quindi riprende a investire sul miglioramento delle reti infrastrutturali, in particolare di gas e acqua.

Qui si potrebbe obiettare che ai cittadini poco interessano valore delle azioni e dividendo annuale, la realtà però è che un comune patrimonialmente solido è un comune più capace di erogare servizi ai cittadini, e che le entrate da dividendi servono a finanziare a spesa corrente, dove le voci principali sono quelle delle politiche sociali e dell’educazione.

Differenza numero 3

Non è vero che centrosinistra e centrodestra si comportano allo stesso modo vendendo azioni libere di Hera. Durante la mia amministrazione vendiamo tre milioni di euro di azioni su 71 milioni totali, quindi poco più del 4%. La giunta Dipiazza dei 68 milioni restanti ne vende 13, quindi quasi il 20%.

Qualcuno dirà “il principio è lo stesso”, ma la realtà è che il contesto e le finalità sono molto diverse. Nel nostro caso, vigendo la versione più restrittiva del patto di stabilità, le entrate da alienazioni di patrimonio sono state indispensabili per poter effettuare il piano di lavori pubblici caratterizzato non da progetti faraonici, ma in particolare da interventi necessari, ad esempio per la sicurezza degli edifici scolastici: senza vendere non si sarebbero creati i cosiddetti “spazi di patto” per poter procedere ai lavori pubblici. Nel caso della giunta Dipiazza, che si trova libera da quei vincoli, la scelta è quella di vendere in modo più consistente per finanziare più opere, forse non tutte indispensabili.

Differenza numero 4

Veniamo infine al tema dell’acqua pubblica. È evidente che il referendum del 2011 ha ribadito la volontà dei cittadini di vedere l’acqua disciplinata come un bene pubblico, per quanto il quesito in sé giuridicamente si limitasse ad abrogare una norma che consentiva la remunerazione del capitale investito da parte delle società che gestiscono il servizio idrico.

Per alcuni l’acqua è pubblica solo nel momento in cui è gestita da una società cosiddetta “in house”, ovvero di esclusiva proprietà di un comune. Per altri lo è nella misura in cui il servizio idrico è regolato da due Authorities pubbliche, una nazionale e una regionale, che danno le direttive per l’operatività dei diversi gestori. Nel nostro caso è bene ricordare comunque che la gestione fa capo ad Acegas e perciò al Gruppo Hera, che continua ad essere controllato attraverso il patto di sindacato, dai numerosi Comuni che ne sono soci.

Aggiungo però che non ho dimostrato alcuna indifferenza per l’esito del referendum tanto che, d’intesa con rappresentanti dei comitati dell’acqua e con consiglieri della mia maggioranza, da Sindaco avevo commissionato uno studio per valutare la reinternalizzazione dell’acqua a Trieste, attraverso appunto il passaggio a una società in house. I risultati dello studio indicarono che per fare una simile operazione il Comune avrebbe dovuto rimborsare, indebitandosi con una cifra molto elevata, gli investimenti che il gestore uscente aveva sostenuto sulle reti, in quanto non li avrebbe recuperati dalla tariffa, e che in ogni caso questo non avrebbe determinato beneficio per i cittadini dal punto di vista del costo dell’acqua. Sarebbe stata insomma un’operazione politicamente simbolica, ma che sarebbe costata molto al bilancio e non avrebbe migliorato nulla per gli utenti. Da fare comunque? Rispetto chi lo dice ma rivendico il diritto a pensare che se per farla comunque dovevo indebitare il Comune senza dare benefici ai cittadini non fosse una strada da percorrere.

Su quanto ho scritto non proprio sinteticamente ci sono ovviamente elementi di dettaglio e documenti. Vero è che quando si amministra, in base a norme e a compatibilità amministrative ed economiche, ci si trova talvolta a dover scegliere la miglior soluzione possibile e non la miglior soluzione in assoluto, perché magari è irrealizzabile. Si stava meglio quando c’era la vecchia Acegat? Potremmo discuterne ma certo quando divento Sindaco la società è da molti anni quotata in Borsa e dalla sua situazione si deve partire.

La conclusione sulla differenza tra centrosinistra e centrodestra su questo tema mi pare abbastanza evidente, se sarà necessario approfondire ulteriormente ribadisco che sono a disposizione. Magari in una prossima puntata vedremo altre differenze che ci sono state, ad esempio sul tema dell’accoglienza, sulle scelte in materia di educazione, di diritti delle persone e su tanti altri temi.

Ho accompagnato questo post con un’immagine del nuovo depuratore. Forse non è superfluo ricordare che assieme all’Assessore Umberto Laureni e all’Assessore regionale Sara Vito, siamo andati a disseppellire una pratica abbandonata, a recuperare 30 milioni di finanziamento del Ministero dell’Ambiente, facendo così  partire il cantiere di un’opera importantissima, che il mio fortunato successore ha potuto inaugurare. 😉

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