PATTO DI SINDACATO E PARTECIPAZIONE IN HERA: E’ BENE FARE CHIAREZZA

Cos’è il Patto di Sindacato?
Il Patto di Sindacato è uno strumento con cui i soci di una società di capitale si impegnano reciprocamente e congiuntamente, per un determinato periodo, a concentrare le azioni necessarie per il controllo di una società in uno strumento unico e comune, detto anche Sindacato di Blocco, che come tale è in grado di esercitare una funzione di indirizzo e di controllo sulle decisioni dell’Assemblea dei soci e perciò, ad esempio, di nominare la maggioranza degli amministratori. È quindi un accordo parasociale attraverso il quale due o più azionisti si impegnano a comportarsi in modo coordinato nella gestione della partecipata, per esempio nell’espressione del voto durante l’assemblea dei soci.

Perché il Patto di Sindacato passa dal 51% al 38,5%? Quali sono le conseguenze?
In premessa va detto che al Patto di Sindacato che conteneva il 50+1 delle azioni di Hera il Comune di Trieste aderiva con 58 milioni di azioni mentre, fino al 31 dicembre 2014, erano libere più dì 13 milioni di azioni (ad oggi ogni azione vale circa 2,25 euro). Nel 2014 il Comune di Trieste non ha venduto nessuna di queste azioni, mentre molti Comuni, fra cui Bologna e Padova, hanno venduto in tutto o in parte le azioni “libere”, per far fronte al bisogno delle entrate in “conto capitale” necessarie per realizzare opere pubbliche. Nella discussone del rinnovo del Patto molti Comuni hanno espresso l’esigenza di poter disporre di più azioni libere da vincolo per le medesime esigenze, mentre qualche altro Comune ha addirittura comunicato la sua uscita dal Patto di Sindacato. Tutto ciò ha reso, di fatto, impossibile il mantenimento nel Sindacato di blocco della maggioranza delle azioni di Hera.
Colgo l’occasione per ricordare che il Comune di Trieste, aveva stabilito che avrebbe confermato 58 milioni di azioni dentro il patto solo se ciò fosse servito a mantenere la maggioranza assoluta in mano pubblica, ma questo ormai non era più possibile.
A questo punto si è optato per proporre un nuovo Patto al 38,5 %, ampiamente in grado di mantenere di per sé il controllo pubblico della società quotata in borsa e perciò con azionariato molto diffuso, introducendo, per di più, la previsione della possibilità del voto maggiorato che consente ai soci storici, quindi ai Comuni, un maggior peso ponderale del voto nelle decisioni strategiche, che di fatto porta ad avere la maggioranza assoluta in Assembla. Tale proposta, appunto, è stata portata al voto di tutti i comuni con apposite delibere.

Qual è stata la posizione del Comune di Trieste?
Abbiamo, quindi, predisposto una delibera per approvare le modifiche statutarie, e per confermare la nostra partecipazione al Patto di Sindacato con il numero di azioni previsto in modo da garantire l’obiettivo che ho illustrato prima.

Alcuni hanno chiesto al Sindaco di Trieste di non far scendere il patto sotto il 51%. E’ possibile?
No. Ciò che è stato richiesto è tecnicamente impossibile nella misura in cui gli altri soci votano per il Patto al 38,5%. Il Comune di Trieste non ha il 51% di tutte le azioni societarie, bensì il 4,8%, anche se lo bloccasse interamente, il Patto scenderebbe comunque sotto il 40%.

Cosa comporta aver approvato la delibera?
Significa che continuiamo a stare nel Patto di Sindacato ed esprimere, in qualità di soci pubblici, la grande maggioranza degli amministratori, oltre a mantenere il controllo delle decisioni fondamentali. A ciò aggiungo che possiamo rinnovare, alla sua scadenza, prevista fra due anni, l’accordo parasociale tra Hera e i Comuni di Trieste, Padova e Udine per la governance di AcegasApsAmga. Un accordo che assicura la sede legale di AcegasApsAmga a Trieste, la presenza dei rappresentanti dei tre soci nel Consiglio di Amministrazione e che, inoltre, assicura la Presidenza della società a un triestino. Se fossimo usciti dal patto con il voto contrario alla delibera, ciò sarebbe stato molto difficile.

Cosa avrebbe significato, invece, bocciarla?
Bocciare la delibera voleva dire rimanere fuori dal Patto di Sindacato, quindi indebolire la governance pubblica di Hera con le prevedibili conseguenze, per le relazioni sopraddette, anche in AcegasApsAmga.

E’ vero che scendendo sotto il 51% si dà il via alla privatizzazione dei servizi pubblici locali?
No. E’ bene chiarire che tutti i servizi pubblici locali, per effetto di leggi europee e norme italiane, sono soggetti a gara alla scadenza di ogni concessione, ciò indipendentemente dalla quota di azionariato posseduta dal pubblico oppure dal privato. Per intenderci, una società posseduta al 90% dal Comune di Trieste va comunque a gara per l’acqua o per il gas e può perdere contro una società, magari francese o tedesca, a capitale interamente privato. L’unica eccezione a questo principio è quella di una così detta municipalizzata, oppure di una società in house, ovvero posseduta al 100% da un Comune e che operi solo per questo. Ma Acegas non si trova in questa situazione da più di 15 anni, oltre a ciò sarebbe tutta da valutare quale sarebbe la convenienza per i cittadini. In ogni caso, per quel che riguarda la possibile re-internalizzazione del servizio idrico intendo produrre e presentare al Consiglio uno studio economico-tecnico approfondito sulla sua fattibilità.

Il Comune di Trieste vuole vendere le azioni? Se sì, quante?
Come si ricorderà, già nel 2014 come Giunta avevamo previsto la possibilità di vendere azioni, non per garantire le coperture, ovvero i soldi che già ci sono, del piano delle opere pubbliche, bensì per garantire gli “spazi finanziari”, cioè la possibilità di pagamento nel rispetto dei limiti del Patto di Stabilità (secondo un meccanismo restrittivo piuttosto complesso da spiegare..). L’Amministrazione aveva previsto tale possibilità ben sapendo, però, che durante l’anno si sarebbero create le condizioni, tramite altri meccanismi (spazi autorizzati da Stato o Regione, altre entrate in conto capitale), che non l’avrebbero portata alla vendita, e in effetti nessuna azione è stata ceduta. Si trattava di 13 milioni di azioni. Inutile che ricordi che chi si opponeva dava per certo che avremmo venduto… Per il 2015 il Comune di Trieste ha previsto un’analoga possibilità per un numero massimo di 8 milioni e mezzo di azioni. L’Amministrazione farà di tutto – io farò di tutto – per venderne un numero molto inferiore e qualora fosse possibile, non vendere alcunché.

Va detto, però, che allo stato attuale questo meccanismo consente ai Rup (responsabili unici dei procedimenti) di proseguire e avviare cantieri avendo la certezza degli spazi finanziari necessari per fare fronte alle scadenze contrattuali di pagamento. Stiamo parlando di opere pubbliche per la sicurezza nelle scuole, per il rifacimento di marciapiedi, per la ripavimentazione delle strade, per la manutenzione delle aree verdi e degli impianti sportivi per l’attività giovanile dunque, cantieri di pubblica utilità e non certo effimere e non necessarie opere.

La fusione è stata conveniente oppure era meglio rimanere in AcegasAps dove avevamo la maggioranza?
Per prima cosa bisogna ricordare che il Comune di Trieste aveva il 50,1% di una holding che controllava il 62% delle azioni di AcegasAps, quindi in realtà deteneva il 31%. Anche in questo caso la maggioranza pubblica si esplicava attraverso un patto parasiociale tra i soci della holding. Se però l’altro socio avesse voluto vendere le sue quote il Comune di Trieste per mantenere la maggioranza assoluta avrebbe dovuto comprarle e non è detto che in quel momento ne avrebbe avuto la disponibilità, altrimenti queste sarebbero finite sul mercato, con la conseguente perdita del controllo. A ciò aggiungiamo il fatto che AcegasAps, nella sua quotazione in borsa, risentiva delle sue limitate dimensioni; inoltre si stavano approssimando diverse scadenze, tra le quali quella della gara per la gestione del gas, dall’esito molto incerto. Infine vi era un importante indebitamento: tutti elementi che indebolivano la società e limitavano la capacità di investimento, creando forti dubbi e preoccupazione tra gli stessi lavoratori.
Qualcuno ricorderà il tentativo, molto discusso, di alienare il ramo gas in una società comune con ItalGas, operazione che sarebbe servita a fare cassa e perciò a ridurre l’indebitamento, ma che di fatto portava fuori da AcgasAps un ramo d’attività importante come il gas e i relativi occupati.

Il 5 giugno del 2012, quindi prima delle anticipazioni e delle voci sulla fusione, la nostra partecipazione in AcegasAps valeva 43 milioni di euro. Oggi per effetto dell’accordo e del concambio le azioni in Hera valgono 163 milioni di euro. Se anche fossimo rimasti in Acegas e questa fosse cresciuta sulla media delle altre multiutility, cosa non scontata per i problemi prima indicati, la partecipazione sarebbe salita al massimo a 75-80 milioni. Ciò significa che il valore detenuto dal Comune di Trieste è cresciuto grazie alla fusione di circa 80 milioni, inoltre a ciò si sommano 4,7 milioni di cash e i maggiori dividenti ottenuti per circa altri 10 milioni che portano, così, il valore totale di questa operazione a oltre 100 milioni di euro a beneficio del nostro Comune. Per quanto riguarda il versante occupazionale, invece, i posti di lavoro non solo non sono diminuiti ma si è registrato anche una leggera crescita. L’operazione, poi, ha portato la sede legale di Hera Trading a Trieste con il beneficio fiscale sul territorio di 40 milioni di euro di Iva; AcegasAps ha mantenuto la sede legale a Trieste e ha pure incorporato la società Amga di Udine.

Cosa sarebbe successo se non fosse partita l’operazione di fusione?
Il Comune di Trieste registrerebbe un valore patrimoniale più basso di 80 milioni di euro, vi sarebbero state delle probabili esternalizzazioni, almeno del ramo gas, con la conseguente riduzione del valore dell’azienda e dei dividendi, oltre al trasferimento in una società esterna, controllata sul piano industriale da ItalGas, degli occupati in quel settore.
I dividendi non sono una mera rendita: sono entrate correnti che servono per erogare servizi alla comunità e quindi averli più alti significa dare più servizi ai cittadini.

IL COMUNE DI TRIESTE RICORRE AL TAR DEL LAZIO CONTRO IL RIGASSIFICATORE DI ZAULE

La giunta comunale di Trieste ha approvato il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – sede di Roma -avverso l’atto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione Generale per le Valutazioni e le Autorizzazioni Ambientali del 25 febbraio 2015 ed avverso il parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS del predetto Ministero n. 1706 del 6 febbraio 2015 ed atti connessi.

Il ricorso al Tar del Lazio è incentrato prevalentemente su aspetti e valutazioni legate al traffico portuale e punta a tutelare gli interessi più ampi del nostro territorio, dalla vivibilità alla sicurezza della collettività e della popolazione. Curato dall’avvocato Oreste Danese, il ricorso, che sarà notificato in questi giorni, prende in esame 10 anni di procedimenti e va ad evidenziare alcune “crepe” presenti nel documento del Ministero dall’ambiente, con atto del 25 febbraio 2015, che ha natura provvedimentale e lesiva delle parti interessate.

Il documento ministeriale, nel favorire l’iter del rigassificatore, non tiene conto e blocca le potenzialità di sviluppo evidenziate dall’Autorità portuale per lo scalo di Trieste. Criticità vengono così messe in luce sul fronte della previsione dei tempi e delle tipologie di realizzazione, sulla previsione dei traffici portuali e sulla scelta di rimandare le tipologie legate alla sicurezza. Nel ricorso non mancano infine ulteriori nuovi richiami al rischio sismico della zona. Il ricorso al Tar del Comune di Trieste segue infatti di pochi giorni le segnalazioni già avanzate dalla stessa Amministrazione comunale in sede ministeriale e riguardanti le nuove evidenze geologiche e tettoniche emerse a livello scientifico sul golfo di Trieste, che mettono in luce il potenziale rischio sismico dell’area, cosa finora mai valutata e quindi non presente nella valutazione tecnica di Gas Natural e neppure, di conseguenza, nelle istruttorie degli enti preposti.

INDAGATI SEI WRITERS ACCUSATI DI AVER IMBRATTATO EDIFICI E MONUMENTI

La lotta ai writer ha segnato una vittoria a favore della legalità e del decoro urbano.
Sei giovani triestini sono stati indagati dalla Procura della Repubblica per danneggiamento,
imbrattamento e deturpamento. Sono accusati, infatti, di aver scritto su monumenti, edifici, serrande e quant’altro con vernici spray e pennarelli indelebili in tutta la città di Trieste con particolare accanimento, nel centro storico. L’operazione, denominata “Stintoretto 2015“, su iniziativa del Nucleo Interventi Speciali della Polizia Locale, ha impegnato gli investigatori per quasi tre mesi ma ha consentito di arrestare l’attività vandalica di un gruppo di writer.

L’Amministrazione comunale ha deciso così di rispondere al problema molto sentito in città e, dalla fine di gennaio, ha avviato un lavoro complesso, lungo e meticoloso, spesso necessario anche di notte; quasi tre mesi per intercettare il gruppo, risalire all’identità di ciascun writer e raccogliere un numero cospicuo di fatti con evidenze schiaccianti sulle loro responsabilità.  All’inizio di aprile la Procura della Repubblica ha ritenuto necessario il prosieguo delle indagini assumendone il coordinamento e dando loro un ulteriore impulso, vista l’attività d’indagine svolta fino a quel punto e non trascurando i possibili sviluppi che potrebbe avere in futuro.

I danni cagionati dai writer talvolta sono irreparabili. Per rendere meglio l’idea: cancellare la vernice spray dalle pietre pregiate senza rovinarle, richiede un procedimento complicato e molto costoso, che tocca sia il Pubblico che i privati cittadini.

L’epilogo della scrupolosa operazione è avvenuto venerdì 17 aprile, alle 7 del mattino quando sei squadre di Polizia Locale in borghese si sono presentate negli alloggi dei giovani con il decreto di perquisizione: gli Ufficiali di polizia giudiziaria dovevano cercare e requisire tutto il materiale legato all’attività, comprese le strumentazioni informatiche, possibili fonti di prove. Così infatti è stato: negli appartamenti sono state trovate quantità sufficienti di bombolette spray, pennarelli, squeezer e tutto il necessario per vandalizzare la città; requisiti anche smartphone, computer, fotocamere digitali, chiavette usb e supporti di memoria.

I giovani dovranno ora rispondere delle loro azioni: la pena prevista per il reato di danneggiamento è la reclusione da 6 mesi a 3 anni; il deturpamento prevede una multa su querela di parte e, se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la reclusione fino a un anno o una multa. In ogni caso, a tutti verranno notificate più multe da 1000 euro – una per ogni scritta verificata dai NIS – per aver violato il Regolamento di Polizia Urbana (sanzione inasprita qualche mese fa dall’Amministrazione proprio come deterrente del fenomeno writer); a qualcuno anche 300 euro/scritta per aver imbrattato cassonetti e cestini dei rifiuti.
Senza contare che grazie ai loro tag – così si chiamano le firme stilizzate sui muri, una sorta di marchio per essere riconosciuti nel giro – chi è stato danneggiato ha finalmente un nome e un cognome al quale indirizzare la denuncia e la richiesta di risarcimento (anche per questo alleghiamo le foto con tutti i tag).

25 APRILE 2015: 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

E’ stato presentato il programma delle iniziative e delle manifestazioni che, in occasione del 70°anniversario della Liberazione, il Comune di Trieste propone per questa importante ricorrenza,  oltre alla cerimonia solenne che avrà luogo come di consueto presso la Risiera di San Sabba il 25 aprile alle ore 11.

Per celebrare degnamente l’importante anniversario è stato elaborato un calendario ricco ed elaborato, che ha inizio nella metà del mese di aprile e si conclude all’inizio del mese di giugno. Molte le istituzioni culturali cittadine coinvolte nella stesura del programma che, quest’anno, ha voluto dedicare attenzione particolare alle scuole coinvolgendo attivamente gli studenti triestini.

Scopri il programma

SCUOLA DE MARCHI-GRBEC 1MILIONE E 800MILA EURO PER IL COMPLETO RESTAURO

E’ operativo da alcuni giorni il cantiere per la completa ristrutturazione e valorizzazione della struttura scolastica De Marchi-Gregoric Stefancic-Grbec di Servola; atteso intervento di recupero,  sistemazione e adattamento dello storico istituto che cominciò ad ospitare i primi studenti dal 1850, con sezioni in lingua slovena e italiana.

L’edificio, a tre piani fuori terra, è composto da un blocco principale a cui sono accorpate due ali edilizie trasversali, poste sul retro. L’area di pertinenza vede anche due cortili: uno alberato e posto sul fronte principale, l’altro posto sul retro. Attualmente in mediocre stato manutentivo generale e non utilizzabile, la struttura sarà sottoposta a importanti opere di sistemazione ed adattamento. La ristrutturazione complessiva vedrà il consolidamento dei solai, il rifacimento degli intonaci e dei rivestimenti esterni, con la creazione di un cappotto isolante a rispetto della vigente normativa riguardante le prestazioni energetiche dell’edificio, nonchè la messa a norma di tutti gli impianti idro-termosanitari, elettrici e speciali. Una volta ultimati i lavori, la struttura potrà ospitare nuovamente le attività didattiche di circa 250 bambini dell’Istituto comprensivo di San Giacomo, con lingua di insegnamento slovena, delle scuole dell’infanzia di Servola e “Jacob Ukmar”, delle scuole primarie “Gregoric Stepancic” e “Ivan Grbec” e dell’Istituto comprensivo”Italo Svevo” con la scuola primaria “De Marchi”. L’intervento vede un investimento complessivo di circa 1 milione e 800 mila euro di fondi comunali e resi disponibili dal superamento dei paletti legati al “Patto di Stabilità”. Sarà realizzato in due lotti: il primo per un valore di 1 milione 166 mila euro, della durata di 270 giorni, riguarderà interventi strutturali. Il secondo lotto, per la restante parte dell’investimento e che sarà avviato entro l’anno, interesserà le opere collaterali e le finiture.

Intervenendo all’incontro di illustrazione dei lavori , il sindaco Roberto Cosolini ha ribadito ancora una volta la forte e prioritaria volontà di questa amministrazione comunale per la tutela e la valorizzazione delle strutture scolastiche. “Buon lavoro -ha detto Cosolini- all’impresa, che faccia bene e presto, a favore dei residenti di Servola che aspettano la loro nuova, funzionale e sicura scuola”. I lavori prevedono il completo rinnovo e la ristrutturazione del complesso scolastico, il suo adeguamento a tutte le normative di sicurezza, con l’obiettivo di dare a questi ragazzi luoghi sicuri, belli e adeguati.

In questo ultimo anno l’Amministrazione comunale sta facendo passi da gigante sul fronte dell’edilizia scolastica, anche in considerazione dell’impegnativo compito affidato al Comune di Trieste, chiamato a mantenere ben 169 gli edifici, da asili nido a scuole materne. Sottolineando ancora la partecipazione dei dirigenti scolastici nell’elaborazione del progetto e il valore della De Marchi-Grbec, con le sue sezioni slovena e italiana, si auspica che questa struttura ridiventi presto il luogo dove si potrà tornare a fare vera comunità. Il grande impegno per l’edilizia scolastica profuso dal Comune di Trieste è stato rimarcato tra gli altri anche dal consigliere Igor Svab, anch’egli presente insieme ai Consiglieri Comunali Annamaria Mozzi, Roberto Decarli e Mario Ravalico, che ha ricordato quanto don Dusan Jakomin, storico sacerdote e anima del rione, recentemente scomparso, fosse attento e si raccomandasse della scuola di Servola. “Sarà ancora più felice da lassù -ha concluso Svab- quando tra un anno sarà aperta”.

AZIONI HERA: ANCHE IN CASO DI VENDITA RIMANE IL CONTROLLO PUBBLICO SULLA SOCIETA’.

La possibilità da parte del Comune di prevedere l’eventuale vendita, se necessario, di una parte delle azioni di Hera S.p.A. “libere” (ovvero al di fuori del “patto di sindacato” costituito con le amministrazioni locali delle altre città) e attualmente di proprietà del Comune stesso – possibilità che è oggetto di una specifica delibera che andrà in discussione nella seduta del Consiglio comunale di giovedì 16 aprile 2015 -, nonché gli scopi eminentemente pubblici di una tale operazione che, ove realizzata, servirebbe a finanziare le più importanti e indifferibili opere pubbliche di cui la città ha bisogno, sono stati illustrati dal Sindaco Roberto. Per compiutamente spiegare un tema di per sé non semplice, nel contempo non volendo tralasciare alcun aspetto della questione – è bene articolare l’argomento in più parti.

In primo luogo bisogna chiarire che l’ipotizzato abbassamento del “Patto di Sindacato” al di sotto della ‘soglia’ del 51%, collocandolo invece al 38,5%, non significa – come paventato da alcuni – un ‘via libera’ verso una serie di privatizzazioni dei servizi pubblici. Ciò non è pertinente poiché in si tratta di servizi (ad es. per la distribuzione del gas, in futuro dell’acqua ecc.) tutti soggetti, alla scadenza delle concessioni in essere, a gara aperta per l’affidamento della gestione, e ciò indipendentemente dalla quota detenuta dal pubblico in Hera o in un’altra multiutility. Le gare per i diversi servizi potrebbero infatti venir vinte anche da imprese private di altri Paesi: un’ipotesi –ponendo un esempio oggi non più praticabile – che potrebbe venir evitata in assoluto solo con una gestione cosiddetta “in house”, ovvero tornando a un’azienda totalmente pubblica al 100%, ma come sappiamo Acegas è quotata in Borsa ormai da più di 15 anni. Non vi sono quindi meccanismi per cui una maggioranza pubblica in Hera garantisca in assoluto che i servizi offerti restino a quella società, mentre vi sono – questi sì – i contratti e meccanismi regolatori (ad es. nel settore dell’acqua) che garantiscono un adeguato rapporto di servizio, standard qualitativi ecc.

Per quanto concerne il controllo su Hera questo, con un patto di sindacato al 38,5, è più che assicurato. Le società quotate sono di solito controllate da patti ben inferiori, e in ogni caso la parte pubblica di Hera nominerà la maggioranza del C.d.A.. In più viene introdotto il cosiddetto “voto maggiorato”, riservato per statuto ai “soci storici”, per cui il controllo non verrà assolutamente perso dai Comuni soci. Tale voto maggiorato garantisce una forte maggioranza assembleare al “patto di sindacato” nelle decisioni fondamentali.

Ma poi – ecco la seconda parte della questione – la possibilità che le azioni di Hera “fuori patto di sindacato” siano liberamente disponibili non significa automaticamente che saranno effettivamente poste in vendita né, tanto meno, che verranno vendute completamente. Infatti, come si è visto nel 2014, nonostante vi sia stata la possibilità di vendere 13 milioni di azioni “libere dal patto”, il Comune di Trieste è riuscito a programmare il proprio Piano delle opere senza dover ricorrere ad alcuna vendita, potendo accedere invece a nuovi spazi finanziari per superare il Patto di Stabilità.

E’ bene precisare in proposito che le opere pubbliche, nell’”era” del Patto di Stabilità, possono essere programmate in base ai pagamenti possibili, nei limiti degli spazi finanziari consentiti, in conto capitale. Quindi è limitata anche la possibilità di pagare, indipendentemente dal fatto che i cantieri abbiano copertura finanziaria e che il Comune disponga, come è nel nostro caso, di liquidità, oltre ad avere un bilancio sano in tutti i suoi aspetti.

Un Comune può pagare, quindi appaltare, solo ampliando i propri spazi finanziari e ciò può avvenire unicamente attraverso tre modalità: l’ampliamento, in corso d’anno, degli spazi da parte di Stato e/o Regione (come avvenuto nel 2014), oppure, in modo corrispondente alle entrate in conto capitale, attraverso alienazioni di immobili o con la vendita di quote delle società partecipate (come nel caso di Hera). In quest’ultimo caso, l’aver previsto la possibilità di alienare azioni “fuori patto” (come già con le 13.522.625 azioni nel 2014) potrà consentire di implementare, anche nel 2015, un piano di opere importante. Non prevedere questa possibilità vuol dire, invece, bloccare tutti gli appalti programmati.

Oggi gli spazi finanziari certi per il triennio 2015-2017 sono, infatti, di 18 milioni di Euro, mentre i pagamenti programmati per lo stesso triennio sono di ben 68 milioni. Questo “gap” di 50 milioni si potrà recuperare, come detto, solo con spazi finanziari che via via potranno arrivare, da cessioni di immobili da concretizzare, o dall’eventuale vendita di azioni Hera. In attesa dello sviluppo delle possibilità di cui sopra, ecco che le 25.528.000 azioni “libere” secondo il nuovo “patto di sindacato”, interverrebbero cautelativamente a coprire, quale garanzia, tale differenza. Pertanto, bloccare in tutto la possibilità di vendita di queste azioni stopperebbe non solo gli appalti programmati ma anche cantieri in corso (con pagamenti complessivi stimati per oltre 55 milioni di Euro) tra cui quelli per il completamento dello Stadio “Pino Grezar”, per il comprensorio scolastico del Dante Alighieri, per la riqualificazione e ripavimentazione del Borgo Teresiano (Ponterosso, via Trento, Largo Panfili), primi lotti di marciapiedi, adeguamenti antincendio negli asili nido, manutenzione palestre, lotti di manutenzione di strade e giardini ecc.

Senza dimenticare che con ciò si bloccherebbe anche il prezioso “ossigeno” che i vari cantieri stanno conferendo al comparto dell’edilizia cittadina già in forte difficoltà. Ricordiamo che proprio grazie al Piano delle Opere del Comune di Trieste nei primi tre mesi del 2015 sono stati assegnati lavori per 3.462.405 milioni di Euro di cui il 60% a imprese della nostra provincia, nella seconda parte del 2014 erano stati assegnati 13 milioni di cui il 52% a imprese triestine e altri 9 milioni dovrebbero andare in appalto da qui a luglio 2015. Vi è, infine, un ulteriore effetto positivo della possibile e futura alienazione, anche parziale, delle azioni. Ad esempio, con la vendita di 5 milioni di azioni, equivalenti a circa 10 milioni di Euro, oltre ad aprire gli spazi finanziari per il pagamento delle opere previste e già coperte da finanziamento, la nuova entrata in conto capitale che ne deriverebbe aprirebbe la possibilità di finanziare nuove opere in attesa di copertura. Quali, per esempio, ulteriori 7 lotti di manutenzione di marciapiedi (per 3 milioni e 500mila), altri interventi su plessi scolastici, per il restauro della Chiesa di San Rocco a Santa Croce, per manutenzioni di strade e altro ancora.

TASSA DI SOGGIORNO: SOLO SE UTILE ALLO SVILUPPO DEL NOSTRO COMPARTO TURISTICO

Premetto che a me non piace, come non può piacere ad alcun Sindaco, l’idea di imporre nuove tasse e anzi l’auspicio è quello di venir messi nelle condizioni di poter ridurre le imposizioni attuali. Ciò detto, vorrei fare chiarezza ed esporre il mio punto di vista sulla tassa di soggiorno per precisare a quali condizioni il mio punto di vista possa essere favorevole.

Per prima cosa bisogna considerarla, esclusivamente, come una tassa di scopo in modo tale che tutte le risorse che ne deriverebbero andrebbero investite in azioni per il potenziamento dell’industria turistica. Quando dico questo intendo servizi turistici in senso stretto, non certo la potatura delle aiuole con la scusa che rendono la città più bella. Gli introiti della tassa servirebbero perciò, e ripeto esclusivamente, per finanziare campagne di promozione, eventi effettivamente attrattivi e per migliorare le organizzazioni e le infrastrutture destinate a questo scopo. La precondizione per introdurre la tassa sta, quindi, in un patto tra l’Amministrazione e gli operatori turistici, albergatori innanzi tutto, anche perché il Comune garantirebbe la destinazione dei fondi concordandone le priorità con gli operatori, e questi, dal canto loro, dovrebbero farsi carico del miglioramento dell’accoglienza. Tra l’altro, come si può facilmente immaginare, in molti casi gli stessi operatori si farebbero indirettamente carico, in tutto o in parte, della tassa per non gravare sui clienti. Allora troveremmo che talvolta la stanza che, oggi come oggi, viene data a 150 euro verrebbe data a 148 più 2 euro di tassa di soggiorno, e questo per non gravare sulla clientela.

Assisto in questi giorni alle diverse prese di posizione, da un lato di alcuni dei miei colleghi che sembrano addirittura scandalizzarsi – forse perché ampiamente beneficiati di fondi pubblici molto superiori ai risultati che possono vantare in campo turistico-, mentre dall’altro lato comprendo sia le ragioni degli albergatori favorevoli sia le preoccupazioni di quelli contrari. Li tranquillizzo su un punto: non un euro della tassa di scopo verrebbe sottratta dall’obiettivo di rafforzare il turismo. Con gli operatori, perciò mi confronterò anche nei prossimi giorni, poiché solo in presenza di una loro convinta adesione mi sentirei di proporre questa misura.  Aggiungo infine, che non lo farei mai in nessun caso, se la condizione dovesse essere quella, sentita in questi giorni, dell’eventuale esclusione dei Comuni che la adottassero dai contributi regionali a sostegno delle iniziative turistiche. Riterrei infatti questa una condizione sbagliata, contraria all’obiettivo di sviluppo e per certi versi diseducativa.

La tassa di soggiorno dovrebbe garantire, in ogni caso, un forte incremento dell’investimento sul turismo da parte del territorio, e quindi, diventare una sfida di cui ci si assume la responsabilità per fare di più e meglio. Se chi accetta questa sfida, invece di poter investire di più, dovesse vedere semplicemente cambiare la fonte del finanziamento e vedere che altri se ne stanno fuori perché coperti dietro ai riparti delle varie misure pubbliche, magari beneficiando pure di qualcosa di più tolto agli altri, allora certo non ne varrebbe la pena: saremmo lontani da qualsiasi logica di investimento industriale.

MILANO EXPO 2015: TRIESTE CAPITALE DEL CAFFE’

E’ questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa sottoscritto a Milano dal sindaco di Trieste Roberto Cosolini, dal commissario unico di EXPO 2015 Giuseppe Sala, dalla presidente della Regione FVG Debora Serracchiani, dal presidente e amministratore delegato di Illycaffè S.p.A. Andrea Illy, e dal presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti che hanno deciso di collaborare e svolgere attività congiunte di divulgazione, informazione, comunicazione e approfondimento sul tema del caffè, un prodotto di crescente importanza economica e sociale che vede l’Italia patria mondiale dell’espresso e Trieste punto di riferimento del settore per la presenza, storicamente radicata, di attori ed operatori altamente qualificati a livello nazionale ed internazionale, oltre che punto d’incontro tra aree e culture di estremo interesse per EXPO 2015.

“Perché Trieste è la Capitale del Caffè? Perché è l’unico luogo che integra tutta la filiera dall’arrivo della materia prima fino al prodotto finito e anzi va oltre, arrivando ad una vera e propria esperienza culturale che ci parla d’Europa. Intanto i numeri: il 30% del caffè importato in Italia arriva nel porto di Trieste; poi ci sono 45 imprese nelle diverse fasi del ciclo, con più di 1000 addetti e 500 milioni di fatturato. E poi c’è formazione e ricerca, e quindi continua innovazione. A tutto ciò si aggiunge che Trieste, insieme a Vienna, Budapest e Praga -ha detto ancora Roberto Cosolini- affascina con i suoi caffè che sono da sempre luoghi in cui l’assaporare questa straordinaria bevanda si intreccia con alti momenti della cultura, della letteratura, dell’incontro civile e politico. A Trieste insomma, il caffè significa anche cultura europea. “Per questo in occasione dell’Expo -ha concluso il sindaco Cosolini- proporremmo un evento dedicato al caffè in uno dei suoi contenitori più belli e significativi della nostra città, il Salone degli Incanti: sarà un modo per collegarsi idealmente e tecnologicamente al cluster del caffè presente ad Expo e un modo per far conoscere e amare ancor più Trieste”.

“Trieste può oggettivamente essere la culla del caffè, perché a Trieste si coniugano innovazione e ricerca con la tradizione”, ha evidenziato la presidente Serracchiani, ricordando da un lato “il circolo virtuoso della conoscenza” e dall’altro “i vecchi magazzini del caffè” in quello che è diventato il primo Porto italiano per volumi movimentati, nonché “i caffè storici”, i famosi locali, vestigia di un passato cittadino di indubbio aroma mitteleuropeo, “indissolubilmente legati alla letteratura”.

PASQUA E PASQUETTA AL MUSEO: TUTTI APERTI I MUSEI CIVICI

Trieste vuole far partire alla grande e con nuovo slancio l’avvio della stagione turistica con tante proposte e offerte culturali già nel periodo delle vacanze pasquali. L’Amministrazione comunale, infatti, ha deciso di creare nuove opportunità per i residenti, per i visitatori e i turisti già nei giorni di Pasqua e Pasquetta, ( 5 e 6 aprile), in cui è prevista l’apertura straordinaria di tutti i civici musei con il seguente orario:

Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19;
Museo della Guerra per la Pace “Diego de Henriquez”
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19;
Castello di San Giusto: mura esterne, Armeria, Lapidario Tergestino
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta 10_19;
Civico Museo di Storia ed Arte e Orto Lapidario
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta 10_18;
Museo Teatrale “Carlo Schmidl” palazzo Gopcevich,
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_18;
Museo d’Arte Orientale palazzetto Leo
Orario di aperturaPasqua e Pasquetta: 10_18;
Museo Sartorio
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_18;
Museo della Risiera di San Sabba – Monumento Nazionale via Giovanni
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 9_19;
Foiba di Basovizza – Monumento Nazionale località Basovizza
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_18;
Museo del Mare
Museo di Storia Naturale
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19;
Museo del Mare
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_17
Aquario Marino
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19

Le mostre:

La grande Trieste 1891-1914” fino al 3 maggio 2015
Salone degli Incanti/ex Pescheria
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19

Donne nella Grande Guerra” fino al 10 maggio 2015
Sala Attilio Selva di palazzo Gopcevich
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_18

Omaggio a Carlo Sbisà. Le opere del Museo Revoltella” fino al 31 maggio 2015 Museo Revoltella
Orario di apertura Pasqua e Pasquetta: 10_19

SCIENCE&THE CITY_2

6 x 60 minuti di scienza a Trieste” è questo il sottotitolo dei sei incontri, liberi e gratuiti, di divulgazione scientifica, ideato da ICGEB, Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie, e realizzato in collaborazione con il Comune di Trieste, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, la mediapartnership del quotidiano Il Piccolo e il supporto del Rotary Club Trieste Nord.

Il primo appuntamento si terrà mercoledì 1 aprile, alle ore 18.00, all’auditorium del Museo Revoltella di via Diaz, sul tema “AIDS, novità dal fronte”, con la partecipazione di Umberto Tirelli, a capo del Dipartimenti di Oncologia Medica del CRO di Aviano (uno dei più noti oncologi e infettivologi italiani), e il direttore generale di ICGEB Mauro Giacca: sua la recente ricerca pubblicata su Nature che ha svelato dove il virus si nasconde all’interno delle cellule che infetta.

L’intero programma di Science&theCity_2 è stato presentato dall’assessore comunale alla Cultura, Paolo Tassinari, il consigliere regionale e presidente della VI Commssione Franco Codega, il direttore generale di Icgeb Mauro Giacca e il presidente del Rotary Club Trieste Nord Piercipriano Rollo. L’Amministrazione comunale crede nel ruolo della divulgazione scientifica come sorta di formazione permanete e contributo alla crescita della nostra comunità, per questo, anche quest’anno, il Comune ha voluto sostenere e collaborare alla realizzazione dell’iniziativa; una rassegna che, tra l’altro,  ha il compito di avvicinare sempre più la città all’importante comunità scientifica locale.

Durante la presentazione Mauro Giacca, direttore dell’ICGB, che ricordiamo opera dal 1987 in Area di Ricerca (sede della Direzione Generale), oltre che a New Delhi e Cape Town, ha ripercorso le tappe del progetto, iniziato con la prima edizione del 2013, che “cerca di portare la scienza al grande pubblico” e che quest’anno proporrà sei interessantissimi temi. Dopo “AIDS, novità dal fronte”, l’8 aprile “La fonte dell’eterna giovinezza”; il 22 aprile “La ‘prova del DNA’, certezze e misteri. Facciamo chiarezza sull’uso del DNA in medicina legale e forense”; il 29 aprile “Cellule staminali, quelle vere! Cosa dicono le sperimentazioni cliniche con le cellule staminali”; il 7 maggio “Demenza, la nuova epidemia. Le ultime novità sull’Alzheimer e le altre demenze”; e infine il 13 maggio “Dammi il tuo DNA e ti dirò chi sei. Test genetici su internet per tutti: che valore hanno?”

Gli incontri, come per la precedente edizione, saranno ripresi e raccolti in un dvd, che sarà distribuito nelle scuole. L’iniziativa Science & the City_2 coinvolgerà scienziati, ricercatori, giornalisti scientifici, magistrati, docenti delle Università di Trieste, Udine, Roma e Brescia, referenti dell’Azienda sanitaria e, naturalmente, dell’ICGEB di Trieste e porterà ancora una volta la scienza in città, con una formula di sei incontri di 60 minuti ciascuno, tutti in programma all’auditorium Revoltella di Trieste, sempre con inizio alle ore 18.00).

TRIESTE CITTÀ EUROPEA

Una rondine non fa primavera, e quindi, nelle belle testimonianze del video abbiamo appena ascoltato ( Stefano Pace, Marina Lusic, Carlo Purassanta, Oscar Farinetti), non c’è la soluzione di tutti i problemi della nostra città.
Ma nelle diverse motivazioni che ci danno del “Perché Trieste” troviamo il filo di moderne ragioni per cui questa città può avere un futuro. Ci parlano di cultura, di ricerca, di tecnologie e innovazione, di talento italiano, di turismo e internazionalità. Anzi tutte e quattro colgono la dimensione internazionale.

Da qui partiamo oggi per vedere: se Trieste si è messa in movimento; se ha carte da giocare; se le nostre scelte di governo di questi anni hanno spinto e spingono in questa direzione, e qual è la direzione

Lo facciamo cercando di rispondere a qualche domanda: la Grande Trieste è solo un ricordo del passato, rappresentato in modo efficace di questi tempi in Pescheria? La passione per la storia, così viva a Trieste al punto che mille persone riempiono questo teatro di domenica mattina per le lezioni di Laterza, è solo esercizio di curiosità e speculazione sul passato, magari da condire con un’abbondante spruzzata di rimpianto e nostalgismo? Oppure dalla storia possiamo trarre, nella profonda diversità delle epoche, dei sistemi, delle conoscenze e delle tecnologie, qualcosa di comune tra ciò che determinò la Grande Trieste e ciò che abbiamo davanti a noi oggi?

Io credo che possiamo, ad esempio, leggere nella gloriosa storia esempi di innovazione, capacità di leggere il futuro e cogliere opportunità. Del glorioso passato dobbiamo soprattutto avere memoria della continua spinta innovativa che ci proiettava nel futuro.

C’è stato un lungo intervallo. Questa città ha sofferto i confini, i muri e la mancanza di un territorio, anzi di territori, con cui relazionarsi.
Ha risentito, poi, anche della convinzione che ci potesse essere benessere
senza sviluppo, senza i costi e i disagi dello sviluppo, al punto da scoprire un’allergia verso lo sviluppo, alle scelte che richiede, ai sacrifici che comporta, ampiamente condivisa e fatta propria dalle classi dirigenti, tale da incamminarsi, così, verso un lungo, lento, dolce declino. Trieste ha sofferto anche di un patto insano tra politica ed economia, insano perché non basato su grandi obiettivi bensì su un forte reciproco condizionamento: molti monopoli, molti privilegi, poco mercato, tanto assistenzialismo.
E sono state questa allergia e questo patto insano a far sì che nella città dove erano nate grandi esperienze e grandi innovazioni si determini il “no se pol”.

Ma Trieste ne sta uscendo. La città ha reagito e negli ultimi tempi hanno preso corpo alcune potenzialità; spesso sono meno “eclatanti ” dell’elenco delle perdite e delle chiusure, inevitabile effetto della crisi ma anche di un cambio d’epoca che modifica profondamente gusti, modi, comportamenti dei consumatori.
Prendiamo un esempio: in tutto il mondo i negozi cambiano perché nulla cambia come il commercio…. a Trieste dove la crisi di un certo commercio è iniziata un quarto di secolo fa sembra che si percepisca la fine di un’epoca ma si faccia fatica a capire che una porta che si chiude ne apre un’altra.

E’ vero: stiamo ripartendo nel momento più difficile. La crisi ha colpito pesantemente, toccando lavoro, prospettive, creando inquietudine e paura del futuro. Ma tutto ciò non ci deve nascondere quanto abbiamo, anche per la prospettiva. Per capirlo mettiamoci per un attimo nei panni di un imprenditore, o di un lavoratore, o di un operatore pubblico di una delle aree del nostro paese colpite dalla pesantissima crisi del nostro sistema produttivo. Cosa vorrebbe avere attorno per poter ripartire?

Un luogo con: una dimensione internazionale e con la possibilità di farne in più campi una funzione strategica; un sistema formativo e di conoscenza di alto profilo, capace di formare risorse umane e di produrre ricerca; e ancora buoni servizi e buona qualità della vita, un welfare insomma all’altezza delle persone; storia e cultura; e magari una risorsa come il mare, che vuol dire portualità, marineria, cantieri, nautica, turismo…

Trieste è tutto ciò.
E da qui riparte se sceglie, però, di volere e di incoraggiare gli investimenti e di dare spazio e opportunità, a talento, creatività e dinamismo.

Non si tratta di contrapporre a idee catastrofiche scenari o visioni edulcorate di ottimismo ad oltranza, si tratta semplicemente di acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità, delle opportunità e perciò anche della responsabilità di coglierle o meno: non dipende sempre dagli altri! Non c’è sempre un esterno a cui dare la colpa….

Alcuni segni ci sono? Io direi di sì.
Nel 2014 è maturato l’investimento di 170 milioni di Arvedi: un piano per far crescere l’industria e migliorare l’impatto ambientale, una delle più importanti operazioni industriali di questi anni in Italia.
Sempre sul finire del 2014 è ripartita l’operazione che interessa il Silos: 120 milioni di investimento per dare a una contenitore di grande valore oggi abbandonato nuove funzioni, tra cui quel Centro Congressi determinante per rafforzare con la meeting industry il nostro potenziale turistico. Abbiamo, infine, sentito nel video le ragioni dell’investimento di Eataly.

Silos, Magazzino Vini, Ospedale Militare, poi arriverà Porto Vecchio: che siano i vecchi contenitori che escono dal degrado cui erano condannati dopo l’esaurirsi della loro vecchia funzione e trovano una nuova vocazione il segno della ripartenza?

Potrei continuare: nuove iniziative e i nuovi investimenti che si profilano per commercio e turismo in questo 2015. I dati di crescita del turismo, che vogliamo migliorino ancora. Per questo è nato Discover Trieste, la piattaforma web per penetrare nel mercato turistico delle città che per l’85% sta nella rete.

La presenza attiva e i successi della scienza.

E ancora, quello che stanno facendo, e vogliono fare, i nostri operatori portuali capaci di crescita di traffici e pronti a nuovi impegnativi investimenti…
Oggi poi c’è una nuova guida al porto, chiamata a tradurre in realtà di sviluppo una potenzialità invidiabile, quella che ci deriva dall’essere snodo fra far East e mediterraneo orientale e un pezzo d’Europa, di esserlo a partire da una buona situazione ferroviaria e quindi di una vocazione a intermodalità. Questo è un porto internazionale nel senso più vero del termine e fa bene Debora Serracchiani a considerarlo strategico nella prospettiva della riforma.

E c’è l’opportunità di Porto Vecchio.

Io credo che a questo mettersi in movimento abbiamo dato e diamo un contributo come governo della città. Sono anni difficili, segnati dal peso della crisi, calo di risorse, patto di stabilità

MA:
– abbiamo lavorato per gli investimenti (Arvedi, Silos) e per lo sblocco di porto e Porto Vecchio. Ricordo che fra gli impegni di questa Amministrazione c’erano svolta per il porto, Porto Vecchio, Ferriera…..difficile negare che c’è stata.
– abbiamo dato alla città strumenti di modernizzazione (Piano Regolatore e Piano del Traffico, Piano dell’ambiente e dell’energia sostenibile, piano del commercio)
– abbiamo cominciato a rendere questa città più smart, grazie alle tecnologie… Cominciando così ad affrontare un altro paradosso: quello di una città ricca di competenza tecnologica, ma con un sistema di servizi pubblici che per certi versi era ancora da penna e calamaio!
– abbiamo varato un piano di opere pubbliche di 50 milioni nonostante il patto di stabilità per spazi pubblici, scuole, vie, piazze, la galleria di Piazza Foraggi, gli impianti sportivi.
– abbiamo lavorato per ritessere relazioni che ci riconnettessero con quella parte d’Europa per cui Trieste può svolgere un ruolo: Vienna, Graz, Lubiana, Zagabria, Sarajevo….
– abbiamo lavorato per rispondere alle esigenze dei cittadini, che non sono altro dal rilancio della città; le persone sono il fulcro del rilancio, ne sono i protagonisti e l’obiettivo finale.

C’è un’idea di fondo, che motiva gli investimenti e le scelte di Trieste, e che ha ispirato anche il nostro lavoro, indicando la direzione di marcia….. Talora abbiamo avuto la sensazione che in una situazione di pessimismo e di rassegnazione non si vedesse il filo che legava le tante azioni e le scelte.

Ed è che questa è una Città Europea, è una città di relazioni e di scambi, è uno snodo.

Anzi è la più europea delle città italiane.
Certo, manca ancora qualche treno o qualche aereo ma non siamo più
un’isola, chiusa in una dimensione puramente locale.

Per questo “la via per crescere” di “Trieste Città Europea” ha una
doppia lettura:
Trieste cresce stando in Europa
Trieste è una porta d’Europa e quindi può offrire valore a chi qui viene perché vuole crescere.

Il nostro è un porto da estero per estero, un vero porto d’Europa, come tale
fondamentale per l’Italia e insostituibile in questa sua capacità di intercettare la direttrice sud/nord: nessun altro porto ha queste caratteristiche; e le potenzia con investimenti fattibili, pubblico/privati, ottenendo risultati di capacità certi laddove, da altre parti, si vorrebbe spendere più di un miliardo e mezzo per risultati tutti da vedere !

Vengo a Porto Vecchio…..storicamente il Porto di una parte dell’Europa. Oggi
dobbiamo vederlo e progettarlo come la Porta sul Mare di quella stessa Europa
È una scommessa sull’attrattività di questa città e sulla sua capacità
di crescere

Sembrava impossibile e invece….Pensate al confronto paradossale far decenni di blocco e le due ore scarse per trovare l’accordo sugli spazi da sdemanializzare! È un segno di fiducia per la città, che può crederci. Ed è anche un riconoscimento per chi, da Pacorini con Trieste Futura all’impegno di Antonione, Menia e Rosato fino a Russo, ha lavorato per questo.

Dopo l’intesa sulla sdemanializzazione, ormai definita, a breve ci sarà quella sullo spostamento del punto franco, che andrà dove può essere utile a creare valore, e poi la road map delle fasi successive, di progettazione strategica e di promozione.

Operazione complessa ma straordinaria per il futuro di Trieste.
Perciò ha senso in tre dimensioni:
– c’ è la Città Europea, capace di trasformare quel luogo nella porta sul mare di una parte di Europa
– c’è la Città Metropolitana, ovvero l’integrazione di un ‘area di interessi, servizi, infrastrutture, e quindi il ritrovare una relazione della città con i territori..per uno scambio di valore…..bene sarebbe e bene sarà prenderne atto e darci questa opportunità anche sul piano istituzionale, finora è stata negata. Ma metropolitana quest’area, in ogni caso, lo sarà nei fatti, e magari andrà da Ronchi fino all’Istria slovena e croata.
– e poi c’è la Città Capitale di Regione: demenziale vederla come un rimorchio o come un peso, è e può essere di più una motrice: capace di dare nuovamente quei servizi strategici e di innovazione che ti rendono indispensabile a un territorio di cui vuoi essere punto di riferimento.

Non basta dirlo: Trieste era Grande perché forniva servizi avanzati e innovazione a una comunità molto più ampia…..non ci sono rendite, non ce le riconosce nessuno. Bisogna farlo e basta.  Ne abbiamo la vocazione, l’intelligenza, le competenze, serve una spinta per uscire. Dall’immobilismo delle decisioni siamo usciti, ora dobbiamo uscire da quello come atteggiamento prevalente.

Perché a Trieste si sta ancora bene: qualità della vita, servizi, welfare, ma è il momento di pensare al bene futuro altrimenti il serbatoio della benzina rimane vuoto.

Attrarre e favorire la ripartenza degli investimenti, e sentiremo tra qualche minuto come la vedono alcune grandi imprese, come la vede Generali, con il progetto di Academy; Hera, partner per la crescita di Acegas e un grande operatore dei traffici marittimi: ci diranno se questi segnali possono consolidarsi

E creare opportunità , premiando talento e dinamismo.

Nessuno, tanto meno il Sindaco, che ne ha quotidiana testimonianza nello stare fra la gente, intende negare le difficoltà e i problemi.

Ma ci sono a Trieste tante storie, nell’impresa, nei servizi, nel welfare che creano valore e che sono tanti motori per costruire una storia di comunità. C’è tanto talento e ci sono capacità e oggi ne abbiamo alcune testimonianze e sono nate e vogliono rimanere a Trieste e noi dobbiamo volere che rimangano e che crescano… E qui il riferimento a ITS, ovvero a un progetto che starebbe più comodo in tanti altri luoghi e invece si ostina a voler essere, nella sua dimensione globale, a tutti i costi triestino. Sono realtà che possono generare tanto spazio per giovani, nel digitale, nel turismo, nelle ricadute della conoscenza.

Qui si vive ancora bene – e guardate lo dicono tutti quelli che vengono a Trieste – ma questo patrimonio dura se si attrezza la città a svolgere un ruolo importante per avere uno sviluppo contrassegnato:
–  dalla qualità della vita
–  dalla sostenibilità
–  dalla partecipazione dei cittadini
–  dal merito
–  dalla vivacità e dalla apertura di una città che recupera questi valori
–  dalla sua antica storia che ispira un grande futuro

Per riuscirci:

DOBBIAMO SMETTERE DI SENTIRCI SPECIALI E RICOMINCIARE NUOVAMENTE A ESSERLO!

Grazie per l’attenzione

ACCOLTO IN MUNICPIO IL GIOVANE SENEGALESE, STUDENTE DELL’ICTP, OGGETTO DI UN EPISODIO DI RAZZISMO SU UN AUTOBUS

Il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha incontrato in Municipio lo studente senegalese Moussa Ndour che era stato oggetto nei giorni scorsi di un episodio di razzismo su un autobus cittadino da parte di un passeggero.

Il giovane, che è studente di matematica al Centro di Fisica Teorica di Miramare, era affiancato dai professori Stefano Luzzatto e Sandro Scandolo dello stesso ICTP e dalla signora Susanna Zecchin, l’insegnante che al momento dell’episodio ha immediatamente preso le difese di Moussa, invitando perentoriamente l’autore della squallida aggressione verbale a smetterla; peraltro subito sostenuta dal concorde appoggio degli altri passeggeri e dello stesso autista della Trieste Trasporti che ha fermato il bus, invitando l’inopportuno a scendere senz’altro dal mezzo. “Tutto ciò – ha affermato il Sindaco Cosolini accogliendo gli ospiti – sta ampiamente a dimostrare come fortunatamente permanga e si rafforzi il tradizionale spirito civile di una Trieste che, per effetto della lunga esperienza multietnica e pluriculturale che è stata alla base della sua grandezza, anche oggi, nonostante molti cambiamenti e trasformazioni, conferma il suo profondo “dna” di città aperta, inclusiva, che rifiuta l’esclusione del diverso e la volgarità del razzismo.”

“E un isolato episodio di stupida intolleranza – ha proseguito Cosolini – certo non può compromettere il volto autentico di Trieste, che è invece proprio quello delle molte persone che sono spontaneamente insorte a difesa del giovane africano, laddove forse in altri luoghi si sarebbero viceversa girate dall’altra parte in silenzio e con indifferenza. Mentre qui – ed è giusto che lo si sappia – con simpatia e benevolenza sono accolti e accettati tutti coloro che vi arrivano per studiare e lavorare, da qualunque Paese provengano e di qualunque etnia o religione essi siano.” “Ed è questa la Trieste che sempre abbiamo desiderato e che anche oggi vogliamo: quella della grande vicenda emporiale di ieri, della Trieste “crogiolo di popoli“, e quella di oggi, dei più avanzati Istituti di ricerca e di studio, ma anche del lavoro e dei tanti mestieri, “richiami” che entrambi portano ancora una volta a convergere qui da noi persone di buona volontà di ogni parte del mondo.”
“Trieste – ha concluso Cosolini – vuole bene a chi come Moussa si trova fra noi per un percorso di formazione e tutti noi desideriamo che altri ragazzi come lui possano sempre continuare a venire a Trieste per studiare e lavorare e per imparare essi stessi, dopo un pò, a voler bene alla nostra città.”

Con semplici e sentite parole – anche un pò emozionate – il giovane Moussa Ndour ha replicato dicendo di aver capito subito che “Trieste non è quella persona che mi ha aggredito, ma è rappresentata invece dalla signora Susanna, dagli insegnanti e dal personale del mio Istituto, dalle tante persone che mi hanno difeso, dall’autista che ha fermato l’autobus per far capire che certi atteggiamenti qui non sono accettati! E per tutto questo ringrazio profondamente questa città e il suo Sindaco”.

Da ultimo, con intense parole, la signora Zecchin ha spiegato il suo intervento “innanzitutto per la difesa di un principio generale di educazione, quindi per il sostegno a valori civili e umani rappresentati anche nella nostra Costituzione. Valori di convivenza che anche nella nostra città – ha detto – hanno conosciuto in passato molti momenti difficili, ma che dobbiamo, anche per questo, sempre e comunque impegnarci a sostenere e tutelare.”

L’inconsueto ma molto significativo incontro si è concluso con il dono del Sindaco allo studente di un volume (in lingua inglese) dedicato alla vocazione internazionale di Trieste: “Una scelta naturalmente non casuale”, ha detto Cosolini sorridendo…