75° anniversario dell’annuncio delle Leggi Razziali 18.9.1938 – 18.9.2013

Permettetemi di fare alcuni ringraziamenti, brevi ma commossi.
Alla Comunità ebraica triestina, che ha collaborato con il Comune di Trieste alla realizzazione di queste due importantissime giornate di oggi e di mercoledì 18 settembre.
Ringrazio inoltre il Comitato pace solidarietà convivenza ‘Danilo Dolci’ di Trieste.

Vorrei salutare, in particolare, due persone che si trovano tra il pubblico, le Signore:
DIAMANTINA VIVANTE VED. SALONICHIO
LUCIA ELIEZER VED. DEL CIELO,
entrambe deportate a Bergen Belsen con l’ultimo convoglio partito da Trieste nel 1945, entrambe sopravvissute ma pesantemente segnate dalla Shoah, avendo Diamantina perduto mamma, fratello, tre sorelle e due nonne, e Lucia i due fratelli che erano stati deportati assieme a lei.

La Comunità ebraica triestina è stata ed è una componente fondamentale di Trieste, un organismo essenziale del corpo della città, e la città di Trieste è stata ed è un luogo importante per la Comunità ebraica triestina.
Non è necessario in questa sede accennare alla sua storia, storia nota a questo pubblico e alla città, ma solo dire che la Comunità ebraica triestina, attraverso i suoi uomini eccellenti e i suoi uomini comuni e le sue istituzioni, ha sempre svolto un ruolo di primissimo piano nello sviluppo e nelle fortune politiche, economiche, sociali e culturali della città; tra tanti fasti, è sufficiente ricordare la maestosa Sinagoga.

Trieste è stata un luogo del destino anche per moltissimi ebrei non triestini. Per gli ebrei di Galizia e Russia partiti all’alba del Novecento con i piroscafi della Società di navigazione austro-americana per emigrare in America. E soprattutto per gli oltre 150.000 – ebrei polacchi dopo il 1920 e successivamente ebrei di tutta Europa in fuga dai nazisti – imbarcatisi sulle navi del Lloyd triestino. Trieste è stata, in questo caso, “Porta di Sion”, porto d’imbarco tra i principali, per la “salita” verso Israele.

Oggi siamo riuniti in questa sede per commemorare un avvenimento di 75 anni fa: la visita di Mussolini a Trieste e il famigerato discorso che qui fece. Un discorso della cui importanza era perfettamente consapevole egli per primo, tanto che volle fosse diffuso in diretta radiofonica mondiale.
Mussolini il 18 settembre 1938 parla a Trieste, ma vuole essere udito contemporaneamente in tutta Italia e a Londra, New York, Monaco, Parigi, Praga.

Mussolini parla da un palco allestito appositamente nella zona occupata dalla Fontana dei Continenti che, per l’occasione, è stata trasferita altrove. Il palco è montato su due colossali timoni alti dodici metri, che vorrebbero simboleggiare le fortune della cantieristica e della marineria triestina, perfettamente inserite nel recente impero fascista. Le fortune economiche della Trieste fascista costituiscono la seconda parte del suo discorso triestino.

Noi oggi siamo qui a commemorare la terza parte, quella dedicata all’annuncio delle leggi razziste, che si attueranno puntualmente nel novembre del 1938. Mussolini rivendica una propria politica razzista autonoma rispetto all’alleato nazista e invoca la necessità di una “severa coscienza razziale, che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità nettissime”.
Piazza Unità d’Italia, in quella mattina del 18 settembre 1938, è gremita fino all’inverosimile, alcune fonti dell’epoca parlano di 100.000 persone presenti, altre addirittura di 140.000.
Nella studiatissima coreografia della Piazza ci saranno stati non pochi ebrei, con ogni probabilità anche nelle varie organizzazioni maschili, femminili e giovanili militarmente inquadrate che, udendo il discorso, avranno scoperto di essere “nemici irreconciliabili del fascismo”, e di esserlo già da sedici anni, e di essere perciò destinati a “una politica di separazione”.

In queste terre, il fascismo attuò politiche di separazione, nei confronti dei cittadini italiani di nazionalità slovena e croata.
Ci furono violenze e incendi, ci fu una strategia finalizzata al genocidio culturale mediante l’italianizzazione del toponimi, dei cognomi e l’annullamento delle classi di insegnamento in sloveno e croato.

La strategia segregatrice e discriminatoria del fascismo italiano, contro gli ebrei, che Mussolini annuncia a Trieste ha avuto delle avvisaglie: nell’estate del 1938 l’Ufficio demografico del Ministero dell’Interno è stato trasformato in Direzione generale per la demografia e per la razza, presso il Ministero della cultura popolare è stato istituito l’Ufficio studi sul problema della razza, poi è stato pubblicato il documento teorico ufficiale “Il fascismo e i problemi della razza” (noto anche come “Manifesto degli scienziati razzisti”), poi si è svolto il censimento razzista, poi il Regio decreto per la difesa della razza nella scuola e infine il Regio decreto sugli ebrei stranieri.
Dopo il discorso di Trieste seguirono la Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del fascismo, il Regio decreto per l’integrazione in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza italiana nella scuola e, soprattutto, il Regio decreto per la difesa della razza italiana.

La parola Shoah significa “distruzione” e indica un processo. Un processo che ha un culmine, l’annientamento degli ebrei d’Europa, che si realizza negli eccidi di massa nel corso dell’avanzata dei nazisti verso est, nei ghetti, nei centri di sterminio come Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Belzec, Majdanek e altri.
Nella nostra città, a pochi chilometri da questa Piazza, nella Risiera di San Sabba, dove ebrei triestini, fiumani, veneziani vengono detenuti per essere poi deportati nei campi di sterminio e in alcuni casi anche già assassinati, condividendo l’ambiente della spettrale ex fabbrica con i partigiani e resistenti italiani, sloveni e croati che, a migliaia, vi vengono massacrati.

In Italia la Shoah non è solo colpa incancellabile dei nazisti: il processo storico della Shoah si inizia nell’estate del 1938, ed accelera dopo il discorso di Mussolini a Trieste.

Ecco perché abbiamo voluto che di tale discorso restasse una traccia, incisa in una lastra di acciaio incastonanta nella pavimentazione di arenaria di Piazza Unità d’Italia. Una lastra di acciaio, non di bronzo, non di marmo.

Una lastra di acciaio affinché fosse teso un filo invisibile tra l’acciaio della lastra di Piazza Unità e l’acciaio della piastra del crematorio della Risiera.

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