Discorso tenuto in occasione della cerimonia solenne del 68° anniversario della Liberazione

Il 25 aprile del 1945 fa si concludeva in Italia, e di lì a poco in Europa, la catastrofica guerra mondiale che sei anni prima la Germania nazista aveva  provocato e, di concorso con l’Italia fascista, allargato in tutta Europa.

Quel giorno di sessantotto anni fa, il Comitato di Liberazione Nazionale proclamava l’ordine di insurrezione generale che avrebbe contribuito in maniera determinante alla cacciata dell’esercito nazista dalle principali città del nord Italia. Quel giorno, l’epopea della Resistenza italiana raggiungeva il suo culmine.

Fu una vittoria ottenuta certamente grazie all’intervento decisivo delle forze alleate, che combatterono contro gli invasori tedeschi percorrendo da sud a nord l’intera penisola, in coordinamento con il Corpo Italiano di Liberazione, pagando un enorme tributo di vite umane. Ed è altrettanto vero che essa fu conseguita in virtù della strettissima unione d’intenti e di armi che segnò profondamente l’esperienza resistenziale in tutte le sue componenti, inquadrate dall’autunno del ’43 nelle formazioni partigiane attive nelle città, nelle campagne, sulle montagne dell’Italia settentrionale.

Fu la vittoria di tutti coloro che ebbero il coraggio di non chinare il capo, di non lasciar correre, di dire categoricamente NO!

  • gli antifascisti che per più di un ventennio, costretti all’esilio o al confino, perseguitati a volte fino alle estreme conseguenze, lottarono a viso aperto contro la dittatura di Mussolini;
  • i militari italiani che, nelle isole dell’Egeo e a Porta San Paolo, all’indomani dell’8 settembre non si sottomisero, così come i seicentomila soldati che per non aver aderito alla Repubblica Sociale furono imprigionati nei campi di internamento in Germania;
  • i partigiani di tutte le tendenze politiche fossero autonomi, socialisti, comunisti, cattolici, azionisti o anarchici, comunque affratellati nella volontà di restituire al Paese l’unità e la pace, liberandolo da coloro che lo avevano trascinato e continuavano a tenerlo soggiogato alla più ingiusta e odiosa delle guerre.

Il 25 aprile si celebrò la loro vittoria. Ma se a tutti gli italiani fu ridata la libertà, la  speranza nel futuro e fu ripristinata l’unità politica frutto del Risorgimento, – come sappiamo – su Trieste le nubi non finirono di addensarsi quel giorno. Quasi un altro decennio si dovette attendere perché nella nostra città si esaurisse ogni strascico della terribile guerra, finisse il periodo dell’incertezza e vi si insediassero le Istituzioni della Repubblica italiana.

Con Trieste, diventò parte dell’Italia anche questo spaventoso  luogo di morte, la Risiera di San Sabba, dove furono torturati e barbaramente uccisi resistenti italiani, sloveni, croati e di altre nazionalità; dove transitarono o vissero tragicamente i loro ultimi giorni gli ebrei destinati ai campi di sterminio dell’Europa centrale, insieme ad altre persone che una folle ideologia assassina riteneva in qualche modo diverse e per questo non degne della vita. Nella sua disperata dimensione, questo è uno dei luoghi simbolo di Trieste, un simbolo che testimonia tutta la complessità della nostra storia e delle nostre plurime identità. Anche da questo luogo, Trieste si rivela città “cerniera” tra il Mediterraneo e il cuore del Vecchio Continente, tra l’Italia e l’Europa.

La concordia e lo spirito di rinascita, l’amore per la ritrovata libertà rappresentato dal 25 aprile, l’intento di fondare una società giusta e solidale, composta da cittadini liberi e uguali di fronte alla Legge, sono gli elementi che ispirarono il lavoro dei Padri costituenti e presiedettero alla fondazione della nostra Repubblica.

Oggi, purtroppo, le cose  appaiono diverse.

Il discredito della politica e dei suoi rappresentanti, sempre più dilagante – e purtroppo non sempre infondato –  si riflette pericolosamente e coinvolge le stesse Istituzioni democratiche, attorno a cui, invece, va mantenuto un vigilie e costante presidio.  I valori di libertà, democrazia, giustizia, vanno riaffermati e trasmessi per evitare che anche nei nostri tempi, come accaduto in passato, disagio, inquietudine e rabbia causati da una grave crisi economica e sociale  alimentino odio verso chi è diverso, per pelle, religione o per lingua innescando così odio e intolleranza e degenerando verso pulsioni autoritarie.

La memoria del sacrificio e dell’immane fatica che sono costate la perdita della democrazia e la sua ricostruzione, in una parola la memoria della Liberazione e la festa del 25 aprile ci devono sorreggere e continuamente orientare nella difesa delle Istituzioni repubblicane e dei valori che esse incarnano e nell’affrontare le difficoltà del presente per andare verso un futuro migliore.

Viva il 25 aprile!

Viva la Festa della Liberazione!

Viva la Repubblica italiana!

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