CITTADINANZA ONORARIA A SIMONE CRISTICCHI

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Ricordo quel grande applauso ‘liberatorio’ scattato dai 1500 spettatori presenti alla prima di “Magazzino 18”, al suo esordio nel 2013 al Politeama Rossetti. C’era stato allora il forte timore di polemiche, delle allora costanti polemiche triestine su questi temi. Invece così non fu, e quello spettacolo divenne una festa di tutti, segno che i muri del passato si stavano finalmente e definitivamente sgretolando.
Quei muri che fino ad allora sembrava dovessero per sempre separare i dolori, e negare il dolore degli ‘altri’. Invece fu chiaro in quel momento che si poteva assieme cambiare strada. E che compito della politica – lasciando alla storia ogni necessario ulteriore approfondimento – doveva essere quello di preparare un miglior futuro per tutti, a cominciare da una città che aveva già dimostrato di poterlo fare, come anche gli ormai “storici” incontri non casualmente svoltisi a Trieste fra Violante e Fini, e fra Lucio Toth e Milos Budin, nella ricerca di una ‘ricomposizione delle memorie’, stavano a testimoniare.”
Tanta strada era stata in effetti già fatta in questo senso. Ma mancava ancora un momento simbolico di grande forza evocativa, come forse solo il teatro e la musica possono offrire.
E allora, grazie Simone per averci fatto questo dono che ha dato un forte contributo ad ‘aprire’ e a trasmettere a chi ancora non le conosceva le vicende e i valori civili profondi delle popolazioni dell’Adriatico Orientale, rappresentando nel contempo un messaggio di rispetto reciproco e di comprensione fra tutte le memorie che vivono in una terra e in questa nostra città.
Solo così, con questo rispetto e questa conoscenza e vicendevole comprensione di tutte le memorie e tutte le storie, ci si può scoprire, alla fine, dopo tanto tempo, finalmente liberi e più coesi, guardando a un miglior futuro di tutta intera la nostra comunità. Credo che anche da questa nuova coscienza sia derivato quel grande applauso liberatorio quella sera al “Rossetti”. Un applauso che ci ha unito, e non diviso; come sta avvenendo, ad esempio, anche con le nuove riflessioni che stiamo conducendo in questi ultimi anni sulla Grande Guerra, sempre in questo spirito di ritrovamento di valori comuni che ricompongano la comunità, al di là delle visioni distanti e opposte di un tempo.
Ho considerato in questi anni di voler dare un contributo anche personale a questo percorso; e non per un gioco di convenienze, ma perché mi rendevo conto che era davvero necessario e giusto dare a ognuno, a ogni storia, a ogni memoria, ciò che andava dato e riconosciuto: unico metodo questo per poter di nuovo guardare assieme al futuro di tutti, e dei nostri giovani in particolare.
Anche perchè non dobbiamo dimenticare che le tragedie possono sempre ripresentarsi, in molte forme – e lo stiamo vedendo anche oggi -, se non si praticano, in modo condiviso, i valori fondamentali di tolleranza, solidarietà, libertà, ricerca di serenità nella democrazia. Questi sono i veri antidoti alla violenza e al ritorno di tragedie come quelle che purtroppo queste terre hanno già vissuto.

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